Come è nato il blog "scillachiese"?

Questo blog nasce dalla fede e devozione che,
questo piccolo gruppo di ragazzi,
ha verso le proprie chiese
e ciò che rappresentano.

29 ottobre 2008

Un’azione di bene “per caso”

Tante volte si compiono dei piccoli gesti, delle misere azioni, che solo dopo averli compiuti t’accorgi d’aver fatto del bene a qualcuno che molto probabilmente non sai nemmeno chi sia, anche se sicuramente ha bisogno di te.
Vi dico queste parole per il semplice motivo che, qualche giorno fa, mi è capitato di dare un aiuto “per caso”.
Ero andato in motorino sotto casa di un Amico (Rocco) per chiedergli di uscire a fare una passeggiata e scambiare quattro chiacchiere. Ad un certo punto mi arriva una chiamata sul cellulare. Era proprio lui. Mi dice che deve andare a caricare dei pacchi. Io avevo sentito spesso parlare di questi pacchi ma, o per lavoro o per altri motivi, non ho avuto mai l’opportunità di capire di cosa si trattasse e gli ho risposto (avendo un’oretta libera) che gli avrei fatto compagnia. Arrivato a destinazione sono entrato – con un po’ d’imbarazzo - assieme a Rocco. Incontrammo diversi conoscenti, tra i quali due cari amici di famiglia uno di essi il responsabile della struttura. Erano in totale quattro le persone che sono scese nella sala sotto per iniziare subito i lavori e non è mancato neanche un momento d’ilarità per via delle bizze dell’ascensore. Una volta scesi, abbiamo aperto la cosiddetta “stanza dei Pacchi” e subito Pietro, uno del gruppo, mi ha detto che sono tutti pacchi pieni di indumenti di qualsiasi taglia e ambo i sessi, giocattoli per bambini, scarpe nuove ed usate, tappi di plastica che servono per beneficenza e tante altre cose. Tutta roba che poteva servire a qualcuno meno fortunato di noi.
Diciamo che solo in quel momento, guardando quella stanza piena di scatoloni, ho capito quello che stavo andando a fare: aiutare qualcuno senza sapere chi fosse, dove abitasse, che aspetto avesse... Non ho fatto nessuna domanda e mi sono messo subito a portare questi pacchi nel parcheggio dell’edificio per caricarli sul camioncino. Quest’ultimo era abbastanza grande ma lo abbiamo riempito fino all’inverosimile. Naturalmente quell’“oretta libera”, nel frattempo, erano diventate tre. Ma non lo avvertivo come un peso, perché mi rendevo conto che stavo impiegando molto bene quel tempo.
Questa testimonianza non mi serve a “farmi bello” agli occhi degli altri. Quello che m’importa è soltanto dire come basti veramente poco per far sorridere qualcuno. Non importa la razza, il sesso, la religione. Quello che conta è che bisogna aiutare chi ha più bisogno di noi.

Inoltre voglio ricordare che a Scilla si effettua la raccolta degli indumenti nuovi o usati, giocattoli, tappi di plastica di ogni grandezza e qualsiasi altro oggetto utile che a noi non serve più ma che può far felice tante persone.

Alessandro Delorenzo

26 ottobre 2008

"BENEDETTO COLUI CHE VIENE NEL NOME DEL SIGNORE"



Benedetto colui che Viene nel nome del Signore, è con questa acclamazione/preghiera che il popolo di Gerusalemme acclamava Gesù, con palme e ulivi, anche noi oggi abbiamo ripetuto come quel giorno “Benedetto colui che viene nel nome del Signore” con gioia e commozione abbiamo accolto questa mattina l’Arcivescovo Metropolita di Reggio Calabria, insieme al nuovo Arciprete Don Francesco.
Il Vescono nostro pastore, successore degli Apostoli, Custode della chiesa reggina oggi ci ha lasciato un suo discepolo affinchè curi il suo gregge.
Questo è un momento particolare per la nostra parrocchia, è un periodo di transazione, Don Francesco avrà un compito arduo, far rinascere a vita nuova questa antica parrocchia ricca di tradizione e testimonianza di fede.
Oggi il Vescovo nella sua lunga e accorata omelia ha esposto la figura del vero cristiano, ha delineato, le caratteristiche di chi si definisce cattolico, ha ESALTATO l’operato del parroco uscente, invitando Don Francesco a seguirne le orme come del resto lui fece (?) con Don Mimmo Marturano. Il vescovo ha inoltre detto che si può essere in disappunto con il sacerdote, o con il vescovo, ma non bisogna usare i mezzi di comunicazione tra cui internet. Dopo ha preso la parola il rappresentante del consiglio pastorale, ha parlato della parrocchia, invitando il nuovo parroco a non farsi condizionare dai pochi, ARROGANTI, IGNORANTI, PRESUNTUOSI ecc.. Finalmente alla fine della celebrazione, ha preso la parola il nuovo Parroco Don Francesco, ringraziando tutti, gli ex parrocchiani che lo hanno accompagnato, i fedeli scillesi definendo TERRA SANTA la parrocchia scillese, informandoci che egli vuole essere PARROCO DI TUTTI NON ESCLUDENDO NESSUNO.
Credo che tutta la Parrocchia augura a Don Francesco, “Ben Venuto” ci auguriamo che possa essere davvero il parroco di tutti, anche perché credo che dopo quello che abbiamo ascoltato oggi sarà più difficile del previsto. Il rispetto, la verità, e l Amore stanno alla base per costruire la comunione, purtroppo questo non accade sempre, forse per quieto vivere o per altri motivi, sta di fatto che se mancano queste condizione le fondamenta della casa non saranno saldi come dovrebbero.
Costantino Alfonzetti

19 ottobre 2008

“SE SOLO CI SOFFERMASSIMO UN MINUTO AD OSSERVARE …”

Spesso, presi da mille pensieri, entriamo nelle nostre chiese senza soffermarci nemmeno un attimo ad ammirare le statue ed i dipinti che le ornano e senza, soprattutto, chiederci l’origine ed il perché di determinate devozioni. Quanti, ad esempio, sanno quali santi raffigurano i tondi dipinti che ornano il tetto della chiesa di San Rocco? E coloro che li conoscono, sanno il perché della loro collocazione nella Chiesa Patronale? Partendo dal presbiterio, i tondi dipinti raffigurano: 1) San Giorgio; 2) San Sebastiano; 3) San Marcellino; 4) San Luigi Gonzaga. Il motivo per il quale sono stati dipinti e collocati nella chiesa patronale è la salvaguardia della memoria storica del nostro paese. Questi santi, infatti, erano i titolari delle quattro chiese che in passato sorgevano nel perimetro dell’attuale piazza San Rocco e dintorni. Ma se molti sicuramente conosceranno quanto sopra ho scritto, pochi sanno quale santo è ritratto nel dipinto collocato nell’altarino laterale in marmo, a destra della navata, nella chiesa dello Spirito Santo. E’ uno dei dipinti più belli che possediamo. Ritrae il giovane San Vito a figura intera. E’ un dipinto di fattura molto fine e dalle proporzioni perfette. Sembra strano che questo Santo sia caduto nel dimenticatoio. In passato, solo i santi verso i quali vi era una forte devozione avevano “diritto” ad un altarino nel quale, il giorno della loro memoria liturgica, veniva celebrata una messa a loro dedicata. Il perché di questa devozione è dovuto ai rapporti commerciali che all’epoca i marinai scillesi intrattenevano con i “colleghi” siciliani. Ed è proprio grazie a questi rapporti che gli scillesi importarono il culto verso questo santo siciliano. Vito nacque a Lilibeo, attuale Mazara del Vallo (Trapani), nel 285. Dopo essersi convertito al Cristianesimo, ne studiò la dottrina. Il padre, però, essendo senatore romano e quindi nemico dei Cristiani, lo fece arrestare e fustigare. Vito, quindi, durante la notte, assieme alla sua fedele nutrice Crescenzia e al suo precettore Modesto, riuscì a fuggire da Lilibeo, raggiungendo Regalbuto (Enna) dove i tre trovarono rifugio in una grotta vicino alla quale, successivamente, venne costruita una chiesa dai Padri Cappuccini. Fu qui che Vito ottenne dal Signore di compiere il primo miracolo ricomponendo le membra lacerate dai cani di un ragazzo e di un pastore. I prodigi continuarono anche dopo che Vito si trasferì in Lucania. Qui, guarì dall’epilessia una nobildonna della corte di Diocleziano. Quest’ultimo, però, ritenne che il prodigio era frutto di stregonerie e lo fece arrestare insieme con i suoi fidi servitori che ormai, per Vito, erano come dei genitori, sottoponendoli ad estenuanti torture. Vito, così come Crescenza e Modesto, morì il 15 giugno del 304 a soli 19 anni. I corpi dei tre vennero sepolti dapprima in una grotta del fiume Silaro, successivamente spostati in una chiesetta vicino ad Eboli ed infine traslati definitivamente in una chiesa della città di Mariano. Nel 1540 Regalbuto ricevette delle reliquie di San Vito: parte del cranio, un braccio ed un piede che tuttora sono custodite in una cappella della chiesa madre. Poiché un tempo la sua memoria liturgica coincideva con un’altra festa popolare che prevedeva balli e danze sfrenate e scomposte, queste presero il nome di “balli di San Vito” , definizione utilizzata anche per designare l’epilessia. Ho scritto quest’articolo per far capire l’importanza delle opere che ornano le chiese. Da sempre i dipinti e le statue sono pagine di catechesi da sfogliare. Pensiamo al post-Medio Evo, quando le cattedrali erano completamente affrescate con scene bibliche. Lo scopo era quello di far conoscere la Bibbia anche alle persone analfabete che allora rappresentavano la stragrande maggioranza della popolazione. Anche oggi bisogna gustare la bellezza delle opere d’arte sacra, perché dietro ciascun dipinto e ciascuna statua sono racchiusi secoli di storia e, soprattutto, esempi da imitare di veri e propri Eroi della Fede!
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Rocco Panuccio

12 ottobre 2008

“PIETA’ POPOLARE – ARTE :UN BINOMIO INSCINDIBILE”

Dopo aver risposto ad un commento riguardo alcune medaglie la cui foto è presente nell’articolo riguardante i Ss. Cosma e Damiano, ho pensato di scrivere in modo più dettagliato sulla loro origine e la loro diffusione. In passato era più vivo e sentito il rapporto tra la gente e le proprie Chiese e ciò che rappresentavano. Non esisteva paese nel quale non vi fosse la presenza di almeno una confraternita e soprattutto le chiese erano sostenute dalle offerte dei fedeli. A seconda della posizione logistica in cui si trovava l’edificio sacro, le offerte provenivano da ceti marinareschi o da artigianali, braccianti etc. Nelle chiese di Santa Maria di Porto Salvo, dello Spirito Santo e nella chiesa Matrice, ad esempio, erano i pescatori che offrivano la quarta parte del proprio pescato (va detto che nella chiesa Matrice confluivano offerte in denaro ed in natura anche da parte dei ceti agricoli) e durante i festeggiamenti della Vergine Maria, venivano donate ai pescatori, in segno di riconoscenza, delle bellissime medaglie d’argento che raffiguravano la Sacra Effige. Queste bellissime medaglie venivano realizzate anche per commemorare eventi particolarmente importanti. E’ l’esempio questo della medaglia raffigurante i Santi Medici, che venne realizzata nel 1901, come indica un’iscrizione sul retro, per commemorare la realizzazione delle statue che tuttora si venerano a Chianalea. Alcune venivano semplicemente sorteggiate in occasione delle varie feste, insieme a delle bellissime statue, a volte provviste addirittura di vetrinetta in legno. L’origine di questa usanza è antichissima e spesso legata a eventi prodigiosi. Il Canonico Giovanni Minasi scrive, ad esempio, che il professore d’archeologia e storia patria D. Antonio De Lorenzo, Canonico reggino, gli fece vedere una medaglia argentea di San Rocco fatta coniare dagli scillesi nel 1743, l’anno della terribile pestilenza che desolò Reggio e Messina sino ai confini scillesi. Questa medaglia aveva nella parte destra la figura del Santo con ai lati il cagnolino con il pane in bocca ed un angioletto nell’atto di mostrare l’ulcera della pestilenza. Tutt’attorno correva la dicitura : “D. Rochus Civit : Scyllae Pat. 1743. I.B.( le ultime erano le iniziali del nome dell’incisore). Nell’altra faccia vi era lo scudo sormontato dal bordone, il cappello e la conchiglia perché simboli del pellegrino. Nello scudo vi era scritto : “In femore est ulcus : vita est ex ulcere nobis”. L’usanza di coniare medaglie per celebrare ricorrenze importanti si è mantenuta nei secoli. Nel 1990, infatti, ne venne realizzata una in argento che reca in una faccia la figura della nostra bellissima statua, nell’altra la facciata della chiesa con la dicitura : “16 Agosto 1990, inaugurazione chiesa di San Rocco. Queste medaglie, oltre ad avere un grandissimo valore artistico, hanno un inestimabile valore affettivo e storico-culturale, perché sono delle vere e proprie pagine di storia della nostra plurisecolare Parrocchia Arcipretale. Come più volte espresso, il mio sogno–desiderio sarebbe quello di creare un museo parrocchiale nel quale custodire, fra le altre opere, anche queste bellissime testimonianze del nostro grande passato!
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Rocco Panuccio



07 ottobre 2008

Solennità della B.V. del Rosario, Regina delle Vittorie.


La devozione del 7 ottobre alla Vergine Maria si deve a un fatto storico ben preciso: la vittoria che i cristiani riportarono sull’Impero Ottomano nel 1571. La Vergine, infatti, nei primi secoli di questa tradizione, veniva invocata come Regina delle Vittorie. Ancora oggi, invocando la Madonna del Rosario, viene ricordata anche con questo titolo.
Questa vittoria fu determinate affinché l’Europa rimanesse cristiana; la Spagna e la Sicilia e altre zone d’Italia ritornassero cattoliche e finissero le scorrerie dei turchi.
Il detto, ancor oggi in uso, “ti cumbinasti comu e santi i Rriggiu”, fa memoria di una scorreria saracena che interessò Reggio, accompagnandosi alla distruzione di tutte le chiese e delle statue, rese a brandelli. Questo detto, a distanza di secoli, ricorda la persistenza - anche se ormai, in gran parte, inconsapevole - della memoria di quest'evento sconvolgente.
Dobbiamo dire che il culto alla Vergine del Rosario, con la diffusione della stessa recita di quest'ultimo, si deve a San Domenico il quale, durante un'apparizione della Madonna, ricevette il rosario che, da lì a poco, si diffuse in tutto il mondo.
A Scilla, la devozione mariana presente e radicata fin dai primi secoli dell'era cristiana non tralasciò la devozione alla Madonna del Rosario. A Lei fu dedicata una chiesa dove ora è collocata la rosa dei venti in piazza San Rocco(Nella foto nell'angolo in alto a destra). Questa chiesa - riporta il Minasi in uno dei suoi preziosi scritti - era molto bella, arricchita con stucchi del noto decoratore palermitano settecentesco Gianforma. Vi era attiva anche una confraternita dedicata a Maria Ss. del Rosario e detta dei Nobili in quanto era composta in gran parte da esponenti della famiglia Ruffo e da persone a loro vicine. A conferma di ciò, il cardinale Ruffo lasciò in eredità a questa chiesa un bellissimo calice, con custodia. Alla base del calice sta scritta l'intenzione del cardinale di donare il calice alla Confraternita del Rosario. I Ruffo, inoltre, quando fecero costruire la nuova chiesa di San Pancrazio sul castello, dedicarono l’altare maggiore alla Vergine del Rosario, commissionando una grande tela raffigurante, al centro, la Madonna, circondata da riquadri rappresentanti i misteri del Rosario. La preziosa tela si trova attualmente in restauro presso la Soprintendenza ai Beni culturali di Cosenza.
Oggi la devozione a Maria Ss. del Rosario, Regina delle Vittorie, è presente nella chiesa del Carmine dove è custodita una particolare statua della Madonna. L’unica del genere a Scilla, dato che sia la Madonna sia il Bambinello hanno capelli veri. Particolare tipico delle statue vestite, cioè ricoperte con tessuti, anche se questa, per quanto a nostra conoscenza, non è stata mai vestita.
Speriamo che al più presto questa ricorrenza possa essere ricordata come un tempo come ci ha raccomandato di fare chi ci ha preceduto nel cammino sulla Via della Salvezza.




Costantino Alfonzetti

06 ottobre 2008

Una Grazia da condividere


Giovanni Bellantoni (o Giovanni B.) - assiduo frequentatore di questo sito e partecipe acuto, costruttivo e sempre pertinente delle sue discussioni - ha voluto condividere con noi il suo rapporto con San Bruno e con la sua straordinaria eredità certosina che ha in Serra una delle sue espressioni più significative, soprattutto come "luogo dell'anima".


Questa mattina ho voluto rinnovare un appuntamento con la preghiera del cuore, con quella silenziosa oblazione di sé che sola può aprirci all’ascolto della Parola.
Dio ama tutte le creature, ma ha un debole per l’uomo, a lui e solo a lui vuole parlare di Sé e renderlo partecipe di ogni Sua iniziativa.
Questa mattina sono andato alla Certosa di Serra San Bruno, con l’unico desiderio di varcarne il portone per potermi unire alla preghiera dei monaci certosini.
Quale sorpresa nel sentirmi dire che quest’anno non sono ammessi i fedeli all’interno. D’un tratto ho visto tramutare il desiderio in miraggio, sono rimasto a guardare l’ingresso con altre persone che nel frattempo si avvicinavano alla portineria. La risposta era sempre la stessa.
Ero già stato all’interno della certosa in altre occasioni ed avevo partecipato alla S. Messa.
Negli altri ad essere delusa era la speranza di poter, almeno per una volta, vedere come vivono dei monaci di stretta clausura, in me si faceva strada, invece, la memoria degli altri incontri, sempre dovuti alla Grazia, uno in particolare quando potei assistere alla vestizione di un giovane monaco che sul finire della cerimonia, fece il giro del coro in ginocchio ed ad ognuno dei monaci e dei pochi fedeli presenti disse: “Prega per me , fratello”. E’ passato qualche anno e ricordo perfettamente quella espressione del viso, lo guardo dritto e sereno, l’umiltà della voce sorretta dalla fermezza dello spirito.
In fondo c’ero stato tante volte, sarei tornato, per le previste ammissioni dei fedeli, nelle solennità del Natale, Pasqua, Corpus Domini e Festa dell’Assunzione.
Avendo piantonato il portone d’ingresso, mi accorgo che il monaco che aveva finito di celebrare nella cappella esterna, l’unica accessibile anche alle donne, saluta affettuosamente un signore (era il fratello) ed un altro a cui avevo fatto da cicerone, è bastato uno sguardo e mi sono ritrovato in un lungo corridoio, austero e semplice, in un angolo una piccola cappella dedicata alla Vergine Maria e dopo un po’ la porta della chiesa interna.
Alcuni monaci erano seduti nel coro, mentre un altro più giovane ultimava i preparativi per la S. Messa.
Il pavimento in legno profumava di cera e scricchiolava ad ogni passo, ma non era un rumore, mi dava più l’impressione di essere complice di una presenza.
Alle nove in punto comincia la funzione solenne in onore di San Bruno.
Il canto certosino è solenne e austero. Meno maestoso del gregoriano, ma affascina e trasporta per la sua essenzialità. Tutto si svolge in un silenzio naturale, niente è forzato ed i monaci che si alternano nella salmodia e nelle letture sono pacati e composti. Ogni parola è soppesata e pronunciata con deferenza.
Al momento della consacrazione, veniamo invitati, sempre in silenzio, a disporci in cerchio intorno all’altare, non mi era mai successo. Ogni gesto del celebrante, in questa occasione il Priore, è misurato, sarà lui stesso a distribuire la Santa Comunione sotto le specie del pane, dopo un po’ un altro monaco ci porterà il calice dal quale tutti, monaci e fedeli, berremo il Sangue di Gesù.
Ho rivisto quel monaco che mi aveva chiesto di pregare, era addetto al turibolo. Era sereno e molto preso dalla funzione. I monaci non erano incuriositi della nostra presenza e solo all’uscita ci hanno salutato con un largo sorriso, e ad uno ad uno raggiungevano le proprie celle, per proseguire in altro modo l’opera di preghiera e di intercessione.
Sono passate più di due ore da quando sono entrato, uscirò più tardi, forse stasera, quando i ritmi della giornata avranno preso il sopravvento.

Giovanni Bellantoni

Nota: per una sintesi delle principali notizie sulla vita di San Bruno da Colonia e sull'Ordine dei Certosini - comunità "mai riformata, perché mai deformata" - raggiungete questo collegamento.

04 ottobre 2008

San Francesco d'Assisi, Patrono d'Italia



Oggi è la Festa di San Francesco d'Assisi. Patrono d'Italia, autentico simbolo di virtù cristiane vissute nell'interezza del corpo, della mente e dell'anima. Eponimo ed ispiratore della vita di San Francesco da Paola, Patrono di Calabria, della gente di mare e del quartiere Marina Grande di Scilla.Per ricordare il fondatore del benemerito Ordine dei Frati Minori - detti, appunto, Francescani - riproponiamo il suo Cantico delle Creature, perfetta espressione letteraria della sua anima e considerato, anche, uno dei primi documenti della moderna lingua italiana scritta (Giovanni Panuccio).

Altissimo, onnipotente, bon SignoreTue so' le laude, la gloria et l'honoreet onne benedictione.A te solo, Altissimo, se konfannoEt nullo homo ene digno te mentovare.Laudato si', mi' Signore, cum tucte le tue creature,specialmente messer lo frate solelo quale è iorno et allumini noi per lui,et ellu è bellu e radiante, cum grande splendore:de te, Altissimo, porta significatione.Laudato si', mi' Signore, per sora luna e le stelle:in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle.Laudato si', mi' Signore, per frate ventoet per aere et nubilo et sereno et onne tempo,per lo quale alle tue creature dai sostentamento.Laudato si', mi' Signore, per sora acqua,la quale è molto utile et humileet pretiosa et casta.Laudato si', mi' Signore, per frate focuper lo quale enallumini la nocteed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.Laudato si', mi' Signore, per sora nostra madre terra,la quale ne sustenta et governa,et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba.Laudato si', mi' Signore, per quelli ke perdonanoper lo tuo amore,et sostengo' infirmitate et tribolatione.Beati quelli ke le sosterranno in paceka da te, Altissimo, sirano incoronati.Laudato si', mi' Signore,per sora nostra morte corporaleda la quale nullo homo vivente po' skappare.Guai a quelli ke morranno ne le peccata mortali;beati quelli ke trovaràne le sue sanctissime volutati,ka la morte secunda nol farrà male.Laudate et benedicete mi' Signore,et rengratiate et servitelicum grande humilitate.(S. Francesco d'Assisi)


SAN FRANCESCO D'ASSISI A SCILLA
A Scilla era grande la devozione verso San Francesco. Esistevano, infatti, due conventi di frati francescani. Dopo la divisione dell'ordine in cappuccini ed osservanti, i primi avevano il monastero nel luogo dove oggi sorge l'anfiteatro nella villa comunale, i secondi invece nell'attuale via orto monaci (il nome della via è dato appunto dall'antica presenza del convento). Le quattro grandi tele (due nelle pareti dell'abside e due ai lati del portone d'ingresso) che sono custodite all'interno della chiesa di San Rocco, provengono dal convento dei padri osservanti (così come il paliotto in marmo policromo della mensa eucaristica della Chiesa Matrice). Questi dipinti hanno tutti tematiche francescane e, in particolare, quello collocato a sinistra del portone d'ingresso (nella foto in alto) raffigura una visione di San Francesco, solo che a causa dei terremoti e dell'umidità, nonostante il restauro certosino di circa 16 anni fa, la figura del Poverello d'Assisi è quasi completamente scomparsa.
Rocco Panuccio

01 ottobre 2008

SANTA TERESA DEL BAMBINO GESU’ Dottore della Chiesa



Oggi la Chiesa ricorda la memoria liturgica di Santa Teresa del Bambino Gesù. Teresa nacque a Alecon, città francese, il 2 gennaio 1873, ed entrambi i suoi genitori erano cristiani. I suoi studi li compì presso le suore benedettine della città di Lisieux. Nel 1887, all’età di 14 anni, accompagnata dal padre, venne in pellegrinaggio in Italia, visitando le città di Roma, Napoli, Assisi, Firenze e Venezia. Alla tenera età di 15 anni, e solo dopo numerosissimi tentativi e suppliche, le venne concesso di entrare a far parte della famiglia delle Suore Carmelitane presso il monastero di Lisieux. Da subito mostrò, mettendole in pratica, le sue virtù di umiltà, semplicità evangelica e fiducia in Dio che, attraverso la parola ed il suo esempio, riuscì ad insegnare in modo particolare alle novizie. Il primo ottobre del 1897, ancora ventiquattrenne, consegnava la sua anima nelle mani di Dio. Fu canonizzata nel 1925 e fu proclamata Dottore della Chiesa da Giovanni Paolo II nel 1997. A Scilla, la devozione verso questa grande santa fu introdotta dalla famiglia Florio. Nella prima metà del XX secolo, il piccolo Nicola, che sarebbe diventato giudice, era affetto da una grave malattia che gli concedeva ormai solo poche settimane di vita. La mamma pregava incessantemente il Signore affinché salvasse il suo figliolo da morte sicura. Un giorno, davanti al capezzale del suo lettino, il piccolo Nicola ebbe la visione di una giovane suora che lo rassicurava rivelandogli che sarebbe guarito. Così fu e, confidata la visione ai suoi genitori, costoro, dopo essersi fatto spiegare nei dettagli le caratteristiche di quella giovane suora, capirono che il Signore aveva operato il prodigio miracoloso per intercessione di Santa Teresa. Per riconoscenza fecero scolpire una statua raffigurante la santa francese e la riposero all’interno di una vetrina in legno. Questa statua era collocata nell’abside della Chiesa Matrice di fronte alla meravigliosa statua raffigurante il Sacro Cuore di Gesù, collocata all’interno di una vetrina identica a quella di Santa Teresa. Iniziati i lavori per la ricostruzione della Chiesa Parrocchiale, molte statue, compresa quella di Santa Teresa, vennero traslate nella chiesa di Porto Salvo a Chianalea. La statua è tuttora venerata nella chiesa di Porto Salvo per desiderio della signora Ninuccia Pippia la quale chiese all’allora arciprete don Mimmo Marturano di non riportare la statua nel suo originale luogo una volta terminati i lavori di abbellimento interno della chiesa parrocchiale. La devozione della famiglia Florio verso Santa Teresa - che era composta oltre che dal giudice Nicola anche dalla sorella Alba, moglie dell’onorevole Minasi – è andata sempre più rafforzandosi nel corso dei decenni, tanto da portare la signora Giovanna Gioffrè, vedova del giudice Nicola, a far restaurare a proprie spese, circa dieci anni fa, la bella vetrina lignea dove la statua è riposta. Ho voluto raccontare questa storia per non far dimenticare i prodigi che il Signore compie attraverso questa piccola grande Santa che, dopo aver tenuto fede alla promessa di far piovere dal cielo una pioggia di rose, continua ad irrorare la Chiesa con la sua santità.
Rocco Panuccio