Come è nato il blog "scillachiese"?

Questo blog nasce dalla fede e devozione che,
questo piccolo gruppo di ragazzi,
ha verso le proprie chiese
e ciò che rappresentano.

29 aprile 2008

Lettera ad un Amico Sconosciuto




In questi giorni ho notato che l’articolo sulle chiese di Scilla, e non solo quello, ha irritato un nostro visitatore, il/la quale ha pensato di postare un commento il cui testo, riporto qui di seguito:

“Che mala pubblicità che continuate a fare alla nostra parrocchia. Pensando a voi mi vergogno di appartenervi. Ma ringrazio Don Bruno per lo splendido dono che ci ha regalato... Già perchè nessuno di voi osa entrare in chiesa per inginocchiarsi di fronte al Santissimo... Se ancora non ve ne foste accorti noi a scilla abbiamo l'Adorazione Eucaristica Perpetua... Poche chiese in Italia la praticano e noi a Scilla ne abbiamo avuto il privilegio grazie sempre a Don Bruno. Vi preoccupate per il patrimonio artistico di Scilla e delle chiese chiuse e siete totalmente indifferenti a Gesù vivo in mezzo a noi... Continuate così perchè se volevate divertirci con le vostre barzellette ci state riuscendo”.


Questo ha portato molti di noi e mi ha portato a fare una riflessione che vorrei condividere con voi.(scritta l’indomani dell’arrivo del commento) ma che ho atteso di pubblicare per non condizionare il discorso che era nato.
Vorrei dire all’amico/a anonimo/a che ha lasciato questo commento, che al contrario, io non mi vergogno né di lui/lei né di chi condivide il suo agire e le sue idee, perché uno degli insegnamenti che ho ricevuto in parrocchia, è: ”ama il prossimo tuo come te stesso”, quindi sia nella mia vita privata che sociale (con non poche difficoltà tenendo presente nel mio agire tre passi biblici, il Signore è il mio Pastore……, Le Beatitudini e l’inno alla Carità), mi sforzo di applicare questo insegnamento, anche verso coloro che mi hanno calunniato, raccolto firme contro la mia persona, rinnegato l’amicizia, ecc., non provando nei loro confronti alcuna vergogna.
Per quanto riguarda l’Adorazione Eucaristica Perpetua, certo che me ne sono accorto, in special modo nell’estate scorsa, quando alcune persone distribuivano volantini sul lungomare, o quando come "Wanna Marchi" (paragone fatto da chi offriva le ultime iscrizioni del giorno), s’invitavano i fedeli a partecipare all’Adorazione Eucaristica. Sai, mi hanno insegnato che io devo essere il "volantino" di Cristo col mio agire, nel parlare, nel lavoro, nella famiglia ecc. Io, come tante altre persone, non sono nuovo all’Adorazione Eucaristica, noi ci dissetiamo da tanto tempo a questa fonte. Noi avevamo deciso di partecipare alla nuova Adorazione a modo nostro secondo la nostra esperienza, il primo mese, eravamo in tre, poi quattro, al terzo appuntamento, sei, dopo la terza settimana eravamo arrivati in undici, non perché avevamo fatto pubblicità, ma perché diversi ragazzi sapendo che noi avevamo iniziato questa esperienza, si sono voluti unire a noi.
Questo però non è andato giù, con la scusa di un disguido è stata montata una baraonda che ha portato ad un invito esplicito a non frequentare più la parrocchia, cosa che mi ha costretto ad accettare l’offerta (non il solo purtroppo), decisione estremamente sofferta, affinchè finissè quell’ episodio scandaloso, questo dopo aver preso consiglio da chi di dovere, perché un’altra cosa che ho imparato in parrocchia è che un cristiano non deve dare scandalo. Tu non mi vedi perché io non voglio irritare nessuno, dato che io sono stato invitato ad andarmene. Io in chiesa entro, ma enon suono la tromba, non metto la firma, perché il Signore vede e sa, perché Lui che si è donato e si dona per noi in modo particolare ogni giorno durante la Messa, ed è presente a Scilla oggi,e lo è stato sempre . Gesù non è solo in mezzo a noi, ma deve essere soprattutto DENTRO di noi. Noi dovremmo essere Ostensorio, ma se la preghiera non si tramuta in azione, la stessa rimane vuota. Quando si sta davanti a Cristo si prega prima per gli altri e poi per se stessi, gli altri, per primi, sono le persone con le quali non si è in comunione, quindi ti ringrazio se preghi anche per me. Chi contempla Cristo non dovrebbe provare disprezzo per il suo prossimo. Il fine di una parrocchia è quella di creare Comunione in Cristo, tra noi e con la Chiesa Universale, perché ti ripeto, è scandaloso per un cristiano creare divisione, ma per creare comunione non si può scendere a compromessi, infatti io come tante altre persone mi sono allontanato per questo, cosa che mi ha portato a frequentare altre parrocchie vicine dove ho trovato e tuttora trovo conforto, e la Fonte d'Acqua Viva. Tutto passa tutto finisce, le profezie, i doni, e i carismi, solo la carità non passerà.
Noi siamo di Cristo e della sua Chiesa e in Cristo dobbiamo restare, anche se il mondo intero si abbandonerà alle mode del momento la Via Giusta.è una sola, come ha detto il Vescovo in una sua predica a Scilla. Anche se alcuni uomini della chiesa non hanno un comportamento Santo La Chiesa rimane sempre Santa, perché in essa vi è Cristo.
.
Questa mia riflessione nasce dalla mia esperienza di parrocchia e non vuole essere un rimprovero o altro, questo spazio è dedicato al dialogo.
Devo ringraziare chi ha scritto i commenti successivi, in particolare Giovanni P. del quale condivido il pensiero
Io non so chi sei, ma se vuoi parlare con me puoi incontrarmi senza problemi. Il dialogo sereno è l’unico mezzo per fugare qualsiasi dubbio.
Grazie, Costantino.

P.S. Riporto un’estrapolazione di un discorso tenuto da padre Raniero Cantalamessa riportato da Zenit.
…….. A questo proposito, ha avvertito che “i falsi profeti non sono soltanto coloro che di tanto in tanto spargono eresie; sono anche coloro che 'falsificano' la parola di Dio. I falsi profeti sono coloro che non presentano la parola di Dio nella sua purezza, ma la diluiscono ed estenuano in mille parole umane che escono dal loro cuore”.
“I falsi profeti sono coloro che fanno tutto l'opposto e cioè trasformano il vino puro della parola di Dio in acqua che non inebria nessuno, in lettera morta, in vano chiacchiericcio”, in “chiacchiere profane [...] che non hanno attinenza con il disegno di Dio, che non c'entrano con la missione della Chiesa”. …….

27 aprile 2008

La Pasqua Ortodossa



La Santa Luce di Pasqua Άγιο Φως


Oggi è la Pasqua Ortodossa. I nostri fratelli ortodossi e cattolici di rito ortodosso festeggiano la Pasqua, questo perché, seguono il calendario giuliano, e altri calcoli che non sto qui a spiegare perché troppo lunghi, questo fa si che la pasqua non coincida sempre con quella cattolica. Qualche anno fa in un viaggio a Creta parlando con persone del luogo sulle cose che uniscono cattolici e ortodossi, mi hanno fatto notare che una cosa che loro hanno e che noi non abbiamo è la luce o fuoco (holy fire, St. Luminà), di pasqua. Io all'istante non ho capito ma questa cosa mi ha incuriosito anche perché, avevo notato che in tutte le case vi era disegnata una croce proprio con quella luce (con il fumo di una candela). Nel mio girovagare su internet ho trovato la spiegazione a quella mia curiosità. Il sabato Santo Ortodosso cioè ieri a mezzogiorno nella basilica del santo sepolcro nella tomba di Gesù da secoli avviene un fatto straordinario. Durante la mattina vengono spente tutte le candele o lampade del Santo Sepolcro, lo stesso viene controllato scrupolosamente dalle diverse confessioni presenti, sigillato in attesa che entri in chiesa il patriarca greco-ortodosso. A mezzogiorno il patriarca si avvicina al sepolcro e per tre volte gira attorno ad esso pronunciando le litanie apposite, dopo essere stato controllato dalla polizia e dai preposti al controllo entra nel sepolcro, si inginocchia e prega affinché Cristo doni la sua luce consolante, ad un tratto all'interno della chiesa si notano lampi di luce che illuminano la stessa, questa luce si posa su alcuni e accende le torce o candele che tengono in mano, intanto le torce del patriarca si accendono e illuminano tutta la chiesa. La cosa particolare è oltre l'accensione straordinaria delle torce e che per 33 minuti il fuoco non ha le caratteristiche normali del fuoco cioè non ustiona, infatti come si vede dalle foto e dai video che ho trovato. Questa luce viene portata in ogni parrocchia ortodosse credo del mondo. Una cosa che ci univa con gli amici di creta erano i cudduri uguali nella forma sapore e nome. Spero che presto possa ritornare l'unione tra le due confessioni e si possa festeggiare insieme la Resurezzione di Cristo. Auguri a tutti coloro che oggi festeggiano la Pasqua di Cristo.
Ciao Costantino.














25 aprile 2008

San Pio da Pietrelcina, i fedeli in Preghiera

Ieri mattina, 15 mila pellegrini, a San Giovanni Rotondo per vedere le spoglie di Padre Pio da Pietrelcina, Un Santo dei Nostri Tempi.



Dai primi minuti al tramonto, l'arrivo dei numerosi fedeli è iniziato nelle vie della citta, in particolare sono stati presenti molti giovani per la curiosità di vedere l'amatissimo santo del nostro secolo. L'evento è stato trasmesso in diretta da tele radio Padre Pio e da Rai Uno, e seguito anche da numerose TV estere. Numerose anche le misure di sicurezza prese dalle forze dell'ordine nei punti piu sensibili della citta del Gargano.
Sul sacrato della Chiesa di San Pio, il cardinale Jose Saraiva Martins, ha presieduto la cerimonia eucaristica insieme a trentanove concelebranti, tra cui 26 Vescovi.
Durante la cerimonia, il concelebrante Mons. Domenico Umberto D'Ambrosio vescovo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, si è rivolto al cardinale Saraiva Martin, chiedendo di portare un messaggio al Santo Padre: "Eminenza, porti al Santo Padre l'assicurazione della nostra preghiera, della nostra fedeltà, della nostra obbedienza e, se ci vuole bene, bisbigli magari sottovoce al suo orecchio il nostro ardente desiderio: lo attendiamo davanti alle spoglie di San Pio per lodare e benedire con tutti noi il Signore Crocifisso che ce lo ha donato".
inoltre a sottolineato hai fedeli: "Non cerchiamo clamore, chiasso, letture distorte e avventate, vogliamo onorare e benedire il Signore mirabile nel suo fedele Servo che ha fatto della sua esistenza e del suo corpo segnato dalle stigmate di nostro Signore Gesù Cristo uno strumento alto e leggibile di quella immagine e somiglianza di sè con cui il Dio creatore ci ha plasmati.
E' un giorno di festa - ha detto D'Ambrosio - perché vogliamo celebrare l'immensa santità di Dio che si riverbera e si rende visibile e fecondante nelle creature che sanno accogliere il mistero di Dio e lasciano che il dono del suo spirito le modelli ad immagine della sua unica e inimitabile santità".
Durante l'omelia il cardinale ha voluto risaltare due rilevanti punti della venerazione della salma di San Pio: il significato della Morte e quello della Reliquia: "Noi oggi veneriamo il suo corpo, inaugurando un periodo particolarmente intenso di pellegrinaggio", un "momento di così intimo coinvolgimento spirituale". "Quello che noi vediamo - ha detto il cardinale Martins parlando del significato della morte - è un corpo morto, non più animato da quell'alito di vita che Dio creatore infuse nell'argilla primordiale. Affacciandoci in tal modo sul mistero della morte, siamo invitati a comprendere che ciò che si vede non è il tutto dell'esistenza. Questo corpo è qui, ma Padre Pio non è soltanto un cadavere: infatti egli, che è vissuto in piena unione con Gesù crocifisso, vive adesso nella definitiva comunione con Gesù risorto". "Le reliquie - ha spiegato il cardinale - sono l'annunzio della nuova creatura che sorgerà in comunione con il Risorto. Come ci ha ricordato San Paolo, Gesù, a quanti lo accolgono, si rivela come sapienza, giustizia, santificazione e redenzione. Paolo elenca come ultima la redenzione, proprio perché essa - ha detto il cardinale - sarà completa solo quando il nostro corpo risorgerà alla fine dei tempi".
Subito dopo la santa Messa è iniziata una lunga processione verso la cripta della chiesa della Madonna delle Grazie, dove ebbe inizio una lunga fila per la venerazione alle Spogli del Religioso, da parte dei fedeli.
San Pio è stato sistemato dentro un reliquario costruito dal maestro Goudji, georgiano, naturallizzato Francese. L'opera pesa 600 Kg ha un altezza di 2,10 metri, una larghezza di 2,50 ed è composto da 3 elementi: il piedistallo, il basamento e il baldacchino che copre il basamento il quale rappresenta la Gerusalemme Celeste con le sue dodici porte ed è destinato a coprire e a mettere in risalto il corpo del Santo.
Il volto di San Pio di Pietrelcina è ricoperto da una maschera di silicone protettiva, commissionata all specializzata azienda inglese Gems Studio, fondata nel 1885 a Londra.
Labito che indossa Padre Pio è stato confezionato dalle suore clarisse di clausura del monastero della Risurrezzione di San Giovanni Rotondo.
I mezzi guanti e le calze sono quelli che San Pio aveva nell'armadio a muro nella cella in cui è morto, tra gli indumenti inutilizzati.
La Teca contenente il corpo del frate di Pietralcina è espostaalla visitazione dei pellegrini fino a settembre 2009, anche se sara molto difficile perchè ci sono gia prenotazioni fino a dicembre c.a., e quindi, per tutti i visitatori, si prevedono lunghissime file.

Alessandro Delorenzo

22 aprile 2008

LA PIETA' POPOLARE, VERO TESORO


Il termine pietà popolare indica le varie forme con cui si esprime la deviozione ai Santi. Papa Paolo VI in un suo discorso affermava : <<la pieta’ popolare manifesta una sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere…. genera atteggiamenti interiori raramente osservati altrove al medesimo grado: pazienza, senso della croce nella vita quotidiana, distacco, apertura agli altri, devozione…...A motivo di questi aspetti, noi la chiamiamo volentieri pietà popolare,cioè religione del popolo>> .
Il Direttorio pastorale e i documenti sinodali danno sulla pietà popolare delle linee guida che sono tuttora valide. In questi documenti si ribadisce che ci deve essere una certa armonia tra pietà polare e liturgia e che bisogna indirizzare le devozioni popolari verso la centralità dell’Eucarestia. Viene inoltre evidenziato che questi atti devozionali non devono trasformarsi in pietà falsa, in superstizione o in pratica magica. Tuttavia gli stessi documenti sinodali affermano che prima di giudicare, dobbiamo cercare di interpretare e di capire. Papa Giovanni Paolo II esortava a interpretare i significati della religiosità popolare <<in maniera non riduttiva, senza escludere e ignorarne il contesto genuinamente religioso. Si tratta di momenti di religiosa pienezza in cui l’uomo recupera un’identità perduta o frantumata, ritrovando le proprie radici. Svalutando la religiosità popolare si corre il rischio che i quartieri, i paesi,e i villaggi, diventino deserto senza storia, senza cultura, senza religione, senza linguaggio e senza identità, con conseguenze gravissime>>.
Queste parole del Papa trovano perfetto riscontro nella situazione che il nostro paese sta vivendo con la scelta pastorale di eliminare le nostre feste popolari? Nessuno si può permettere di cancellare la storia, la cultura e l’identità di un popolo soprattutto quando questi momenti di genuina fede non avevano nulla di superstizioso o di magico. Le nostre feste erano precedute da un triduo di preparazione con l’esposizione solenne del SS. Sacramento. Il Santo veniva posto come modello da imitare per arrivare a Cristo e non da idolatrare. A questo proposito vorrei riportare un’affermazione scaturita dal Concilio di Trento (3 Dicembre 1563): <<l’onore reso all’immagine sacra è diretta alla persona rappresentata>> e di questo il popolo di Scilla ne era e ne è ben consapevole.
Sappiamo benissimo che le statue sono di legno, come sappiamo pure che nell’ostia consacrata vi è la presenza reale di Gesù. Ma forse ciò a qualcuno è sfuggito e ha creduto che l’era cristiana in questo paese sia iniziata quattro anni fa e che quindi bisognava evangelizzare.


L’uso di immagini sacre è molto importante nell’ambito della pietà popolare perché aiutano i fedeli a porsi davanti ai misteri della fede.L’abitudine di baciare o toccare con la mano le statue, le reliquie sono modi semplici di manifestare esternamente il sentire del cuore e l’impegno di vivere cristianamente.
La pietà popolare è un vero tesoro del popolo di Dio” - Giovanni Paolo II

Giuseppe Fontana

19 aprile 2008

Benedetto XVI, tre anni di Pontificato


Oggi ricorre il III anniversario dell’elezione del cardinale Joseph Ratzinger a Vescovo di Roma e successore di Pietro al soglio pontificio. Anche se sono passati già tre anni, quel giorno memorabile è ancora vivo nella nostra mente. In quei giorni ci trovavamo in pellegrinaggio a Cascia e, appena tornati da una visita al santuario di Santa Rita, eravamo tutti in albergo quando,
all’improvviso, chi per una motivazione chi per un’altra, ci ritrovammo nel salone principale e senza tentennare accendemmo il televisore, capendo subito che si stava per compiere un evento storico. La “fumata” che inizialmente era di colore grigiastro, andava sbiadendosi sempre di più, fino a quando, dalla loggia centrale della Basilica di San Pietro, si affacciò il Cardinale Protodiacono che, pronunciando la celebre frase “Habemus Papam” , apriva la strada al nuovo Papa, Benedetto XVI. L’augurio che noi del blog Scillachiese rivolgiamo al Sommo Pontefice è che possa guidare le Chiesa ancora per molti anni, continuando il cammino di evangelizzazione, iniziato quel martedì 19 aprile 2005.

Rocco Panuccio

16 aprile 2008

USA Buon Compleanno al Papa

Oggi il Papa compie il suo ottantunesimo compleanno, durante l'inizio del suo viaggio negli Stati Uniti D'America, viaggio molto importante dato che qui pochi anni fa, componenti della chiesa sono stati coinvolti in atroci violenze contro minori. Più volte il Papa ha affermato che all'interno della chiesa "vi è molta spazzatura", bisogna fare pulizia, allontanare chi col suo comportamento non si conforma alla stessa. Credo che l'esempio che i nuovi vescovi americani hanno dato, vendendo persino interi vescovadi per risarcire chi è stato danneggiato, sia da ammirare. Inoltre spero che la visita del Papa riesca ad sanare e confortare le ferite dei fedeli Americani.

12 aprile 2008

Una Croce Misteriosa



In questi giorni sono iniziati i lavori di restauro di un vecchio rudere (in passato casa di piccole dimensioni), questo rudere si trova a Chianalea in via Annunziata, accanto alla settecentesca fontana di San Clemente, nei pressi dello "scaro". Non ci sarebbe niente di strano dato che è un lavoro normale, tranne che nel togliere le pietre e la terra che si trovano all'interno del locale, si è scoperto un muretto intonacato con calce in ottimo stato di conservazione, considerato che era coperto dal terriccio, sul quale vi è una croce, molto curata nei lineamenti come si può vedere nelle foto. Questa scoperta ha suscitato curiosità in molti, non sapendo dare una spiegazione, ognuno cerca se ricorda qualcosa a riguardo di questa costruzione, ma a memoria d'uomo non risulta che in quel punto ci fosse un luogo di culto, può essere un segno devozionale "dell'antico" proprietario, c'è chi avanza il dubbio di una sepoltura, sta di fatto che questo ritrovamento è strano, speriamo comunque, che il nuovo proprietario recuperi la croce e la apponga in un angolo della facciata col fine di dare una continuità tra il vecchio ed il nuovo.


Se ci saranno sviluppi vi terremo informati.

02 aprile 2008

San Francesco da Paola a Scilla

Oggi ricorre il XV anniversario dalla morte di Franco Martello (2 aprile 1931 - 2 aprile 1993), ai più noto come Ciccino. Era un laico scillese molto impegnato nella vita della Parrocchia e sempre pronto ad aiutare la comunità in molte circostanze, soprattutto per l'animazione liturgica di messe meno frequentate e solenni come quelle feriali o quelle che si svolgono in chiese periferiche. Doveva essere seriamente malato lui perchè una persona morta a Scilla non avesse la possibilità che le letture della sua messa funebre fossero lette da un lettore preparato e con buona dizione! Con la moglie Ninuccia Pippia, fu l'animatore del gruppo di preghiera Porto Salvo-San Giuseppe, una straordinaria esperienza di fede che raccoglieva decine e decine di persone di tutte le età nel quartiere Chianalea. Fu anche ministro straordinario dell'Eucarestia, per portare a tutti gli infermi - muovendosi sempre a piedi anche nei rioni più sperduti - il conforto della preghiera, di una parola buona non di circostanza e, soprattutto, della comunione al Corpo di Cristo. Proprio svolgendo tale importante missione subì quella caduta che - nel volgere di pochi giorni - lo condusse, troppo presto per la moglie e per le tante persone che lo stimarono e amarono e che affollarono la Chiesa arcipretale nel giorno dei funerali, alla casa del Padre. L'autore di quest'articolo, conservando per "don Ciccino" o il "signor Martello" lo stesso affetto di quel dodici/tredicenne che lo seguiva con gioia in tanti appuntamenti liturgici e che da lui apprendeva molte cose sulla teologia e la liturgia medesima, oltre che sulla storia di Scilla, dedica alla sua memoria questo lavoro. Non può sfuggire come San Francesco da Paola abbia accompagnato per intero la vita di Franco Martello: già destinato a chiamarsi Francesco, egli nacque il 2 aprile, celebrò presso il Santuario di Paola le sue nozze con Ninuccia e morì nuovamente il giorno della Festa del suo Santo eponimo e patrono!

SAN FRANCESCO DA PAOLA A SCILLA: UNA STORIA CONCLUSA?

La lunga vita terrena di San Francesco da Paola si snoda fra il 27 marzo 1416 e il 2 aprile 1507.
Egli è tutt’oggi soprattutto noto e venerato come fondatore dell’Ordine religioso dei Minimi e grande taumaturgo nonché Patrono della sua terra di nascita, la Calabria, e della gente di mare di tutt’Italia. Il motivo principale di fama e devozione è, tuttavia, probabilmente la sua piena e completa identificazione con la virtù teologale dell’Amore-Carità: la Charitas che ha sempre contraddistinto la sua iconografia come una sorta di fuoco che ha incendiato d’amore cristiano il suo petto e continua ad incendiare quello dei suoi devoti in tutto il mondo.
Ma una più attenta lettura della biografia del frate paolano ci consegna il ritratto di una personalità ricca di carismi e capace di parlare alla mente ed al cuore di persone diversissime per periodo storico, collocazione geografica e condizione economica o d’istruzione.
La sua vita è indubbiamente costellata di eventi prodigiosi o, comunque, rari a verificarsi - a cominciare dalla sua nascita - ed è costantemente segnata da una sorta di parallelismo con quella del suo Santo eponimo e patrono: il Poverello d’Assisi. La singolarità della sua nascita è data dal fatto che i suoi genitori – entrambi dei cattolici molto pii – erano già in età avanzata quando invocarono dal Santo al quale erano più devoti – Francesco d’Assisi appunto – il dono della maternità e paternità: nato il primogenito, fu quindi spontaneo chiamarlo Francesco. Al futuro Santo seguirono, tuttavia, altri tre figli!
La sofferenza fisica segnò già la prima infanzia del Paolano: contratta una grave infezione ad un occhio, i genitori invocarono nuovamente il San Francesco umbro, promettendogli che il piccolo avrebbe presto osservato il famulato, cioè un anno intero durante il quale avrebbe vissuto in un convento come un francescano, indossando l’abito dell’ordine.
Rapidamente decorsa la malattia, a tredici anni Francesco narrò di un sogno nel corso del quale un frate francescano gli avrebbe ricordato di adempiere al voto contratto dai suoi genitori. Entrò quindi nel convento di San Marco Argentano, dove nel corso di un anno ebbe modo di farsi ammirare dai monaci per le straordinarie virtù cristiane dimostrate – considerata soprattutto la tenera età – ed anche per taluni eventi di tipo taumaturgico tanto che, concluso il famulato, i padri e i frati francescani l’avrebbero trattenuto con gioia. Ma Francesco, nonostante avesse già probabilmente preso la decisione di consacrare interamente la propria vita a Dio, era ancora desideroso di conoscere diverse modalità di vita dedita a Nostro Signore Gesù Cristo, prima di operare la scelta definitiva. Poco dopo il famulato visitò, con la famiglia, i principali luoghi della spiritualità cattolica italiana, comprese, ovviamente, Assisi e Roma. Quest’ultima lo impressionò negativamente per l’eccessivo lusso che vi vedeva ostentato – in un secolo nel quale la povertà era una realtà diffusa e tragica come, d’altra parte, lo è tutt’ora in altre parti del mondo – tanto che, a quanto pare, fece notare ad un cardinale lo stridore tra la sontuosità dei suoi abiti e l’opposto esempio fornitoci da Gesù.
Rientrato a Paola, ancora adolescente affrontò da solo la prima esperienza di vita eremitica, suscitando l’ammirato stupore dei concittadini e, in breve tempo, il radunarsi attorno a lui di gruppi sempre crescenti di giovani che diedero così vita al primo nucleo di quella straordinaria e vitale esperienza che, riconosciuta nel 1474 da Papa Sisto IV come Congregazione eremitica paolana di San Francesco d'Assisi diverrà ben presto Ordine dei Minimi, giungendo ai nostri giorni con identico nome ed uguale vivacità spirituale e culturale. L’evoluzione dell’Ordine conoscerà, con Francesco ancora in vita, anche l’istituzione di un Second’Ordine, per le suore, e di un Terz’Ordine, per i laici, ancora attivi.
La fama di santità di Francesco e l’esempio della spiritualità eremitica dei Minimi si diffusero rapidamente per tutta l’Italia meridionale e la Sicilia e, attraverso i mercanti e i viaggiatori del Regno di Napoli, anche per il resto d’Italia e per molte parti d’Europa. Proprio tale fama mosse il Re di Francia Luigi XI, che si era gravemente ammalato, a premere su Sisto IV e sul Re di Napoli Ferdinando I perché convincessero il Fondatore dell’Ordine paolano a recarsi a Parigi per ottenere da Dio la guarigione. La guarigione fisica non venne ottenuta, ma fu concesso al Sovrano di morire nella quiete dello spirito. Tra i frutti della missione francese di San Francesco vi furono anche il miglioramento dei rapporti fra Francia, Chiesa e Regno di Napoli e, quindi, un, sia pur parziale, contributo alla causa della pace in Europa, mentre la stima dei due immediati successori di Luigi XI trasformarono quella che doveva essere una missione temporanea in un soggiorno definitivo - durato dal 1483 alla morte, avvenuta a Tour ventiquattro anni dopo - nonostante l’ardente desiderio di Francesco di tornare in Calabria.
SAN FRANCESCO A SCILLA
Origini

La fama della santità di Francesco era quasi certamente giunta a Scilla quand’egli era ancora in vita. E’ possibile perfino che il Miracolo noto come l’attraversamento dello Stretto di Messina a bordo del mantello abbia avuto Scilla come punto di partenza, ipotesi suffragata dal fatto che destinazione del viaggio di Francesco e di un suo seguace doveva essere Milazzo, cosa che scoraggerebbe l’ipotesi di spiagge o porti calabresi più meridionali.
Ad ogni modo, è storicamente accertato che non molti anni dopo la morte del Santo, a Scilla - come pala di un altare laterale della Chiesa arcipretale di Maria Ss. Immacolata - era già presente l’olio su tavola raffigurante il Santo, successivamente collocato nell’altare laterale dedicato a San Francesco nella chiesa dello Spirito Santo di Marina Grande ed attualmente custodito nella chiesa di San Rocco, in attesa di tornare a Marina. Tale notizia è rinvenibile negli archivi dell’Arcidiocesi reggina, come parte del resoconto che l’Arcivescovo del tempo D’Afflitto fece comporre in occasione della sua visita pastorale del 1594, all’interno del più antico documento oggi custodito negli archivi medesimi.
XX secolo
In anni ormai lontani, ma ancora presenti nella memoria di molte persone, la tradizione della comunità cattolica scillese era di celebrare la Festa in onore del Santo il Lunedì dell’Angelo: la cosiddetta Pasquetta. Caratteristica della Festa, in questo periodo, oltre a intensi momenti liturgici e di preghiera, era lo svolgimento della processione per tutti e tre i quartieri storici della città oltre all’abitudine di radunarsi in spiaggia, dopo le solenni celebrazioni eucaristiche mattutine, per godere del primo sole di primavera, gustare i tipici prodotti del periodo pasquale oltre che della stagione agricola ed organizzare seguitissimi giochi popolari quali la gara di barche a remi, la pentolaccia e, ovviamente, la corsa nei sacchi e l’albero della cuccagna nella peculiare versione scillese detta u palu a mari, consistente in un palo posto in mare su di una piattaforma galleggiante e cosparso di grasso animale.
Dopo un periodo di affievolimento della tradizione, dovuto a vari fattori quali, in particolare, l’emigrazione di molti scillesi e lo stato di parziale inagibilità della chiesa di Marina Grande, un gruppo di persone del quartiere, oggi anziane o di mezza età, si decise, nel 1983, d’accordo con l’Arciprete uscente Don Pippo Curatola e con il nuovo Don Mimmo Marturano, a restituire visibilità a quell’attaccamento al Santo ed al suo esempio di vita cristiana che nel cuore degli scillesi era rimasto intatto.
E’ di questo periodo la ripresa della processione con la settecentesca statua in cartapesta, pur limitata ai quartieri marittimi di Chianalea e Marina Grande, accompagnata dalla suggestiva processione in mare della statua stessa, consuetudine, quest’ultima, abbandonata nel giro di pochi anni data la sua difficoltà tecnica. Questa fase storica vede anche la ripresa di alcuni giochi popolari, temporaneamente abbandonati alla fine degli anni ’90.
Anni 2000
La seconda metà degli anni ’90 e i primi 2000 segnano – in concomitanza con la “nuova giovinezza” dello spirito minimo e dell’affettuoso attaccamento al Santo e alle sue antiche e ricorrenti memorie – oltre ad un arricchimento dei cosiddetti momenti di gioia popolare, sempre rispettoso della dimensione squisitamente religiosa della tradizione, anche un costante e progressivo perfezionamento, illuminato dalla fedeltà alle Scritture e dalle direttive della Chiesa, dell’itinerario liturgico, di preghiera e meditazione. Il Triduo di preparazione alla Festa, che negli anni precedenti aveva assunto un carattere discontinuo, comincerà in questi anni a divenire un appuntamento stabile e sempre più significativo, in quanto contraddistinto, oltre che dalla celebrazione dei Sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucarestia, anche da significativi momenti di adorazione eucaristica, preghiera e meditazione, talora mirati a particolari categorie di fedeli – come l’appuntamento i bambini incontrano San Francesco – ovvero caratterizzati per una approfondita lettura, evangelicamente orientata, della vita e delle virtù del Santo, come la Veglia meditata e cantata propostaci dai Padri minimi del Santuario di Paola in occasione della loro visita per la Festa del 2001.
E’ del 2000 la riscoperta della preghiera cantata in vernacolo scillese che inizia con le parole San Francisu cu st’abbitu ri lana…. Tale preghiera non veniva più cantata in occasione delle Feste e delle processioni del Santo, ma per fortuna non si era smarrita nella memoria di talune persone, soprattutto donne, tra le quali la compianta nonna materna di chi scrive, che grazie alla loro testimonianza hanno permesso alla signora Pippia ed a taluni suoi giovani collaboratori – alcuni dei quali pare che oggi rinneghino, nei fatti e/o nelle parole, tale fruttuosa collaborazione – d’inserirla nei libri, stampati su suo impulso, concernenti la vita cristiana a Scilla, e di riproporla come strumento di meditazione comunitaria sotto forma di rosario.
Nel 2001 una quadruplice felice coincidenza renderà la Festa di quell’anno veramente difficile da dimenticare anche se proprio quello straordinario mese di maggio sarà segnato dall’attacco cardiaco che colpirà l’Arciprete Don Mimmo Marturano che, grazie a Dio superato nel migliore dei modi sul piano medico, innescherà – grazie alla miopia di taluni ambienti parrocchiali laici scillesi, che avranno amaramente a pentirsene, sommata ad analoga mancanza di lungimiranza degli ambienti curiali diocesani – quei processi che nel volgere di pochi anni non tarderanno a manifestare le loro nefaste conseguenze sul benessere spirituale, morale, sociale e psicologico della comunità scillese e sulla sua stessa identità religioso-culturale.
Le citate “quattro coincidenze” sono, innanzitutto, il privilegio accordato alla comunità civile e religiosa di Scilla, per la seconda volta, in virtù di un meccanismo di rotazione attivo dal 1946, di rappresentare la Provincia reggina, il 2 maggio, nella cerimonia di donazione dell’olio che alimenta a Paola la lampada perpetua in onore di San Francesco come preghiera costante per il mantenimento del dono della Pace. In quella occasione ha anche luogo la ricostituzione dell’antica Confraternita dello Spirito Santo, oggi dedicata al Santo, sotto forma di associazione spontanea per la preghiera e la salvaguardia della tradizione delle celebrazioni in suo onore. Il terzo evento significativo è l’accoglienza – per ben quattro giorni, dal 17 al 20 maggio – della venerata reliquia del mantello del Santo, ordinariamente custodita a Paola, esperienza che si ripeterà l’anno successivo con il dito traslato dal Santuario di Lamezia Terme-Sambiase. Il quarto dono sarà, infine, il coinvolgimento delle locali autorità della Marina militare italiana e dell’Associazione nazionale dei marinai d’Italia nella toccante cerimonia di deposizione in mare di una corona d’alloro, accompagnata dalla preghiera e dalla benedizione del sacerdote ed alla presenza a riva della statua del Santo, in memoria di tutti i caduti in mare e per il bene di tutti i marinai e pescatori.
E’ di questi anni il recupero di fecondi rapporti d’amicizia e di collaborazione con le comunità minime e con le confraternite e associazioni dedicate al Patrono della Calabria di Paola, Sambiase, Messina e Catona.
All’inizio del 2003, grazie all’interessamento di mons. Luigi A. Falcone della Diocesi di Roma, avvicinato da alcuni giovani membri della Confraternita in occasione della sua presenza a Scilla nell’agosto precedente, gli scillesi avranno anche la grande gioia di ricevere in dono una reliquia di San Francesco, canonicamente autenticata, il cui biglietto d’accompagnamento testimonierà della grande considerazione con la quale la Diocesi guida della Cristianità guarda alla devozione nei confronti del protettore della gente di mare.
Attualità
La fisionomia assunta dalla Festa nel 2001 rimarrà pressoché inalterata nei due anni successivi anche quando, nel 2003, le celebrazioni saranno presiedute da Don Antonello Foderaro, chiamato dall’Arcivescovo ad amministrare provvisoriamente la Parrocchia arcipretale “Maria Ss. Immacolata” dopo che quest’ultimo aveva deciso di destinare ad altro incarico l’Arciprete Marturano, reduce da diciannove anni di realizzazioni – con la collaborazione del popolo scillese – nei campi dell’architettura e dell’arte sacra, dell’accoglienza della gioventù, della maternità e della vecchiaia in difficoltà ma, soprattutto, in quello della testimonianza di una vita cristiana proposta nei fatti, negli atteggiamenti, nell’ascolto e nei piccoli e grandi gesti quotidiani oltre che con le parole sempre ricche di sapienza evangelica e di significato umano e cristiano, quasi sempre frutto di esperienza diretta.
Nel 2004, il sac. Bruno Antonio Verduci, insediatosi alla guida della Parrocchia scillese nel settembre 2003, adotterà la decisione senza precedenti di fissare la data della Festa esterna il 2 aprile, in coincidenza con la memoria liturgica del Santo, quell’anno concomitante con il venerdì precedente la Domenica delle Palme - quindi un venerdì di piena Quaresima – suscitando il pur discretamente espresso disappunto dell’anziano sacerdote scillese mons. Paladino ed ignorando le indicazioni della Conferenza episcopale calabrese che ha sempre differito le celebrazioni non strettamente liturgiche in memoria del Patrono della Regione al tempo di Pasqua. Ma questa non era l’unica novità impressa alla Festa dal nuovo capo della Parrocchia. Innanzitutto, stabilì che la processione avrebbe dovuto interessare soltanto una parte del quartiere di Marina Grande e non tutte le principali vie di entrambi i quartieri marittimi che, d’altronde, erano sempre state percorse in un tempo inferiore alle due ore che l’Arcidiocesi stabilisce come limite massimo di durata delle processioni. Inoltre, tenne ripetutamente a precisare ai membri della Confraternita – nel corso della processione medesima – che erano tassativamente vietate le fermate della statua durante la processione, qualunque ne fosse stata la causa, minacciando in caso di trasgressione il suo immediato abbandono del sacro corteo e con ciò suscitando imbarazzo e turbamento nei confratelli medesimi che erano soliti arrestare per pochi momenti la statua del Santo al passaggio dalle finestre degli infermi, in modo da dare loro conforto attraverso la venerazione della sacra icona.
All’inizio del 2005, il sac. Verduci non accennò mai all’approssimarsi della Festa di San Francesco – né a membri della Confraternita né alle assemblee eucaristiche – suscitando in gran parte dei fedeli il timore che avesse intenzione di non consentirne lo svolgimento come già aveva fatto per la Festa di San Giuseppe di quell’anno, per la non celebrazione della quale aveva fornito ragioni di incompatibilità con l’anno liturgico che, come visto, non erano parse insormontabili in occasione della Festa di San Francesco dell’anno precedente e dimenticando, ancora una volta, che le incompatibilità con l’anno liturgico sono risolte per tempo dalla Chiesa che ne dà comunicazione attraverso i suoi documenti. In questa fase, membri della Confraternita – di propria iniziativa, ma pressati anche da molti altri componenti del popolo - chiesero e talora ottennero degli incontri con il sacerdote al fine di ottenere delle indicazioni sul programma della Festa ma ricevettero sempre risposte interlocutorie, finchè non parve chiaro che il sacerdote puntava alla naturale desistenza dei fedeli. Nel 2006, consigliati dall’esperienza dell’anno precedente, alcuni membri della Confraternita indirizzarono all’Arcivescovo una missiva nella quale illustravano l’importanza e il radicamento negli scillesi del legame con il Santo paolano, unitamente ai timori di una possibile ma non ancora espressa decisione di sospensione della tradizione. Tale lettera fu consegnata personalmente all’Arcivescovo che concesse anche una breve udienza agli “ambasciatori”. Del “caso” vennero investiti il Vicario generale del tempo ed altri sacerdoti competenti i quali rassicurarono i mittenti e, attraverso di loro, i devoti tutti di San Francesco, che la questione sarebbe stata trattata a breve dall’apposita commissione diocesana, cosa mai avvenuta. La notizia di tali contatti fra la Confraternita e la Curia fece parlare pubblicamente il sacerdote di calunnie e diffamazioni ai suoi danni da parte degli autori della lettera, cosa della falsità della quale si accertarono tutti coloro che – turbati dal conflitto fra la stima per il sac. Verduci e quella per le persone impegnate in questa richiesta – chiesero ed ottennero di visionare copia della missiva.

Queste, a grandi linee, la biografia di San Francesco da Paola e la storia del legame del popolo di Scilla con il Santo. Tale storia – se, da ormai quattro anni, non può conoscere dei momenti di espressione comunitaria - non può assolutamente dirsi conclusa, come tutti i legami autenticamente fondati sull’amore, anche se, tuttavia, è certamente doloroso che la comunità di Scilla in quanto tale sia stata esclusa dalle solenni celebrazioni per il V Centenario della nascita al Cielo del grande calabrese. Concludendosi oggi tale centenario, Scillachiese coglie l’occasione per auspicare che anche questa tradizione, per il suo valore di proposta della vita di Francesco da Paola come esempio fra i più autentici di adesione al messaggio cristiano, possa presto tornare a vivere e per augurare a tutti i portatori del nome di Francesco in tutte le sue varianti i più affettuosi auguri di buon onomastico.

Giovanni Panuccio

01 aprile 2008

Giovanni Paolo II terzo anniversario

Domani ricorrerà il terzo anno dalla nascita al cielo di Papa Giovanni Paolo II. Un momento nello stesso tempo doloroso perché è l’anniversario di un distacco da un uomo, che senza rivoluzioni senza armi solo con la parola è riuscito ad abbattere muri sbriciolare ideologie ecc. in poche parole ha cambiato il mondo.


Noi del blog ricordiamo questo momento in modo particolare i giorni successivi che ci hanno visto anche noi in fila per ore per rendere omaggio al quel grande uomo che è stato e al grande Santo che presto diverrà.