Come è nato il blog "scillachiese"?

Questo blog nasce dalla fede e devozione che,
questo piccolo gruppo di ragazzi,
ha verso le proprie chiese
e ciò che rappresentano.

30 settembre 2008

San Girolamo a Scilla


Sacerdote e dottore della Chiesa: nato in Dalmazia, nell’odierna Croazia, uomo di grande cultura letteraria, compì a Roma tutti gli studi e qui fu battezzato; rapito poi dal fascino di una vita di contemplazione, abbracciò la vita ascetica e, recatosi in Oriente, fu ordinato sacerdote. Tornato a Roma, divenne segretario di papa Damaso e, stabilitosi poi a Betlemme di Giuda, si ritirò a vita monastica. Fu dottore insigne nel tradurre e spiegare le Sacre Scritture e fu partecipe in modo mirabile delle varie necessità della Chiesa. Giunto infine a un’età avanzata, riposò in pace.
San Girolamo nel suo viaggio verso la Terra Santa si Fermò a Scilla e qui ricevette istruzione sulla via migliore da percorrere per raggiungere i Santi Luoghi che videro Gesù, Incarnarsi, Crescere, Predicare, Morire e Risorgere.
Forse questo particolare della vita cristiana scillese ai più è Sconosciuto, ma abbiamo l'onore di essere menzionati nello scritto del viaggio che questo Grande Santo fece.
Secoli dopo un sacerdote di Scilla appartenete alla famiglia Bova, fece costruire una piccola chiesa nei suoi possedimenti nei terreni che oggi si chiamano Bova e che sovrastano Scilla e lo stretto di Messina, a ricordo di questo importante evento.
(notizie narrate su "Notizie Storiche sulla città di Scilla" di G. Minasi)


Costantino

24 settembre 2008

26 SETTEMBRE: SANTI COSMA E DAMIANO. "Per voi, gloriosi atleti, s'accresca in noi la Fede e s'avviva in due credi: Speranza e Carità!"


O Gloriosi Martiri che entrambi in Ciel splendete
il devoto accogliete inno del vostro amor.


Per voi, gloriosi atleti, s'accresca in noi la Fede
e s'avviva in due credi: Speranza e Carità!

Voi medici pietosi sanaste i corpi infermi
e a noi, languenti, germi spargeste di virtù.


A voi, germani invitti, niun ricorse invano!

Oh! Cosma e Damiano, Martiri di Gesù!


Per voi la vera Pace ci addita in quest'esiglio
e sia d'ogni periglio salva la nostra Età!

Oh! Cosma e Damiano, Martiri di Gesù!

Oh! Cosma e Damiano, Martiri di Gesù!

(Inno ai Santi Cosma e Damiano Medici e Martiri. L'ultima strofa in grassetto è, in realtà, il ritornello che intercala il susseguirsi delle varie strofe).

Oggi - 26 settembre - la Chiesa cattolica dà la facoltà alle Chiese locali di celebrare la memoria dei Santi Cosma e Damiano, Medici e Martiri. Per la comunità cattolica di Scilla - in particolare, per quella parte stanziata nel quartiere Chianalea o di esso originaria - è un giorno di Festa. I Santi Cosma e Damiano, infatti, sono i titolari originari dell'attuale chiesa di Maria Ss. di Porto Salvo e lo sono stati fino a quando, nel 1799, venne costituita, in quel luogo benedetto, la Confraternita della Madonna medesima. San Còscimu, infatti, è, ancor oggi, uno dei modi di indicare il piccolo santuario di Porto Salvo da parte di alcuni scillesi. La devozione sincera ed ammirata verso "i Santi Medici" - questo, infatti, è uno dei modi più comuni di chiamarli - ha, quindi, sfidato, vincendola, l'usura dei secoli per giungere, intatta, ai nostri giorni.
Non si hanno molte notizie certe sulla vita di Cosma e Damiano, ma quello che si sa giustifica pienamente la loro fama e conferma l'attualità e la validità del culto ad essi prestato come proposta di una giovinezza già consapevole della vera importanza della vita, del giusto ordine da osservare nel comporre la propria "scala di valori" e disponibile a mettere in gioco - fino a perderla - questa vita terrena, se l'alternativa è rinnegare o tradire i più alti tra questi valori.
Cosma e Damiano erano fratelli gemelli, originari dell'Arabia, nati cristiani.
In Siria appresero la "scienza" - all'epoca ancora al rango di "arte" - della medicina e della farmacologia. Ma il loro modo di esercitare la "professione" era, anche per quei tempi, davvero particolare... Non chiedevano, infatti, alcunché in cambio delle loro prestazioni. Ed ecco affiorare un altro motivo dell'attualità del messaggio dei Santi Medici. Senza, ovviamente, generalizzare, infatti, sentiamo sempre più spesso di medici e chirurghi che hanno individuato nel profitto il primo degli obiettivi della loro professione; di visite specialistiche dai costi esorbitanti; di interventi chirurgici superflui (quando non dannosi) attuati al solo scopo di ottenere denaro pubblico o di singoli inconsapevoli privati, etc. Ripeto: senza generalizzare a proposito della benemerita categoria dei medici e degli altri "scienziati della salute" né demonizzare il benessere materiale, quanto bene trarrebbero per la loro tranquillità psico-emotiva tali operatori sanitari se si accostassero, con cuore umile e docile all'ascolto, alla memoria viva e profonda dei Santi Medici?
Tale caratteristica di "gratuità" delle loro prestazioni medico-farmacologiche valse a Cosma e Damiano l'appellativo d'origine greca di anàgiri, cioè "senza argento" o "senza denaro".
Ma non badavano, essi, soltanto ai corpi. Anzi, proprio grazie alla professione, fecero valida opera di apostolato. Fu questo il motivo per il quale attrassero l'attenzione del governatore della Siria, rappresentante dell'imperatore di Roma Diocleziano, il quale, attorno al 303, li fece decapitare. Secondo una tradizione, la decapitazione fu solo l'ultimo di molti, prima risultati vani, tentativi di martirizzarli, fra i quali l'arsura in un forno.
Per quanto riguarda Scilla, la devozione ai Santi Medici ha sempre attratto nella chiesa di Maria Ss. di Porto Salvo moltissimi pellegrini provenienti da ogni contrada della Parrocchia, Favazzina compresa, ma anche da alcuni centri vicini. Ogni 26 settembre è, infatti, un giorno di "festa" - nel senso più cristiano del termine - e di intensa meditazione e preghiera, nata dalla mattutina celebrazione della Divina Eucarestia e culminante nella solenne celebrazione vespertina.
La chiesa chianaleota custodisce alcune reliquie dei Santi Martiri, una delle quali incastonata nell'altare maggiore - posto nel 1995 al centro dell'abside per consentire la degna celebrazione eucaristica nella modalità stabilita dal Concilio Ecumenico Vaticano II - ed altre venerate pubblicamente in concomitanza con le giornate settembrine della Festa dei Santi. Si contano, altresì, ben tre raffigurazioni artistiche dei Contitolari della chiesetta. Due notevoli statue ad altezza pressoché naturale, poste su di unico piedistallo e collocate sulla vara della Madonna di Porto Salvo nei giorni della loro Festa. Due statue - dette i Sancoscimeddi - di dimensioni molto ridotte tanto da essere portabili in braccio da un'unica persona e collocate sulla vara stessa, ai due lati della statua della Madonna di Porto Salvo, sulle apposite sezioni ricavate per esse dai benemeriti autori del sacro podio. I Medici e Martiri, altresì, sono raffigurati sulla maestosa pala d'altare, colti nell'atto di venerare la Madonna che indica in un Paradiso dalle fattezze simboliche di Scilla il Porto della Salvezza.
L'iconografia tradizionale raffigura i Santi Medici con le medesime sembianze e con in mano una palma e gli strumenti del mestiere di medico-farmacista. Esistono, indifferentemente, immagini dei due Santi imberbi o leggermente barbuti anche se, data la giovane età del loro martirio, è probabilmente più fedele l'immagine di essi senza barba. Per quanto riguarda le immagini venerate a Scilla, entrambe le coppie di statue li raffigurano senza barba ed inequivocabilmente giovanissimi, mentre i Cosma e Damiano del quadro sono leggermente barbuti anche se questo particolare non eleva di molto la loro età apparente.
Altra prova del radicamento di questo culto fra gli scillesi è la discreta diffusione del nome di Cosma nella versione di Cosima, per le donne, e di Cosimo, per gli uomini. Più rara, ma comunque presente, è la ricorrenza del nome Damiano. A tutti costoro ed a tutte le portatrici ed a tutti i portatori dei nomi dei Santi Medici, in tutte le loro varianti, giungano i più affettuosi auguri di Buon Onomastico da parte di Scillachiese.

“LA VARA PROCESSIONALE: ESPRESSIONE D’ARTE E DI FEDE”

Scopo principale di Scillachiese - oltre ovviamente a preservare almeno la memoria storica delle nostre tradizioni di fede e di devozione e del nostro immenso patrimonio artistico-culturale – è quello di far conoscere elementi del nostro patrimonio che, per i più svariati motivi, ai più risultano sconosciuti o, semplicemente, non si conosce il loro effettivo valore. A Scilla, la devozione verso i vari Santi e la Vergine Maria nei suoi vari Titoli ha radici antichissime che, in alcuni casi, risalgono addirittura ai primordi stessi del Cristianesimo. Questa devozione ha portato, nel corso dei secoli, alla realizzazione di stupende opere d’arte che raffigurano, appunto, i nostri Santi protettori. In passato, per ogni Santo era prevista, nel giorno della sua memoria liturgica, la processione per le vie del paese e questo, ovviamente, comportava la realizzazione di un mezzo che consentisse di poter trasportare la statua del Santo. Fu così che nacquero le Vare processionali - meglio note come portantine - che consentivano, grazie alla sistemazione di due travi in legno – stanghe -, di trasportare sulle spalle le sacre Effigi.

La dimensione elevata delle statue (Scilla possiede le statue più grandi per dimensioni dell’intero comprensorio) e la loro pregevole fattura hanno portato alla realizzazione di grandi vare che, nella maggioranza dei casi, più che strumenti per trasportare le sacre Effigi, sono vere e proprie opere d’arte. Le nostre vare sono state realizzate tutte da artisti differenti rispetto agli scultori delle statue soprastanti e verosimilmente in epoche – anche se di poco – differenti. In alcune vi è un’incisione con su scritto l’autore, come ad esempio nel retro della vara di San Giovanni Battista o in quella di San Rocco dove si legge “ A DIVOZIONE DI ROCCO BARRESI E LAVORATORI 1901” anche se molti ritengono che in questa data la vara sia solo stata arricchita di decorazioni perché la sua realizzazione, per le peculiarità esecutive, è da collocarsi in un periodo anteriore al 1901. In altre, invece, vi sono collocate statue differenti rispetto a quelle per le quali le vare erano state originariamente realizzate. Questo è il caso della vara di San Francesco da Paola che presenta sulle sue quattro facce lo stemma mariano della A sovrapposta alla M. Questo particolare fa intuire che, molto probabilmente, la vara originariamente sorreggesse la statua della Madonna dello Spirito Santo, tuttora conservata presso l’omonima chiesa, e solo successivamente venne utilizza per la statua di San Francesco. Secondo i miei gusti, la più bella e pregiata è la vara di San Rocco. Questa è sorretta da quattro leoni, simbolo della forza e dell’eroicità della fede, sovrastata da una mensola decorata in basso rilievo con motivi floreali che regge la parte superiore che per decorazione ha, nelle tre facce principali, un festone dorato. Ai quattro angoli vi sono dei portafiori in legno con dei mazzi di rose rosa, margherite, gigli e foglie di edera in lamina dipinta. La vara, oltre che per la sua maestosa grandezza, colpisce per i suoi tenui colori, dati dalla tecnica dell’argento meccato che dona all’oro un colorito più tenue. Altra bellissima espressione d’arte è la vara di Maria Ss. di Porto Salvo a Chianalea. Questa, di caratteristiche simili a quella di San Rocco ma di dimensioni più ridotte, possiede - in luogo dei leoni - quattro bellissime aquile con le ali spiegate lavorate minuziosamente nei più piccoli particolari, simbolo anch’esse della forza ma adatte, a differenza dei leoni, ad una figura femminile. Va detto che il leone nella cristianità è il simbolo dell’evangelista Marco e l’aquila di Giovanni, ma in questo caso non pare che ci sia nessun nesso particolare, rispettivamente, con San Rocco e con la Madonna di Porto Salvo. Molto bella è la vara di San Francesco da Paola che è decorata con motivi geometrici e floreali e che possiede ai quattro angoli altrettante grandi candele luminose. La vara della Madonna Immacolata, nostra patrona, è caratterizzata dalla presenza nei quattro angoli inferiori di teste di cherubino con le ali spiegate. Per ognuna delle facce soprastanti, invece, è rappresentata in basso rilievo la stella polare, anch’esso simbolo mariano. La vara, oltre ad essere un gioiello dell’arte, è anche uno strumento di fede che ci avvicina a Dio. E’ il mezzo attraverso il quale gli uomini offrono la loro fatica a Dio e, inoltre, incarna il messaggio evangelico secondo il quale “chi si innalza verrà abbassato e chi si abbassa verrà innalzato”!


Rocco Panuccio

17 settembre 2008

Consolatrice nostra... Sorridici, qual Stella, Madonna santa e bella!


Il popolo tutto di Reggio, della sua Arcidiocesi metropolita e della sua Provincia ha concluso - nella notte di martedì 16 settembre - le solenni celebrazioni in onore di Santa Maria Madre della Consolazione, titolare della Basilica dell'Eremo francescano e, con San Giorgio Martire, principale Patrona della città più antica, popolosa e vasta della Calabria o - per usare un'espressione familiare alla Chiesa locale - Avvocata del popolo reggino.
L'evento Festa della Madonna della Consolazione coinvolge le menti, i cuori e le anime di tutte le comunità parrocchiali della Diocesi reggina-bovese e dei singoli, non mancando di attrarre la devozione di persone accorrenti da ogni parte della Calabria e della Sicilia orientale. Le sue origini risalgono alla fine del XVI secolo e, da allora, il legame con la Madonna della Consolazione ha accompagnato tutta la storia reggina, costituendo il più sicuro baluardo di conforto nei numerosi momenti critici e, insieme, la prima ragione di gioia e di gratitudine negli altrettanti momenti di riscossa.
Il legame con la Vergine Consolatrice è fortemente sentito anche dagli scillesi. Molti di essi, fin dalla sera di venerdì 12, si sono recati all'Eremo per partecipare alla Veglia di preghiera e meditazione in onore della Santa Madre. Tanti altri hanno aspettato le prime ore della mattina di sabato 13 per accompagnare in città, insieme con i fedeli di Reggio e delle altre comunità, la venerata Effigie pittorica, custodita nell'imponente Vara.
La mattina di martedì 17, l'Arcivescovo metropolita Vittorio Mondello ha presieduto, nella Basilica Cattedrale, la solenne concelebrazione eucaristica, alla presenza di una grande folla di popolo, del clero diocesano e delle autorità civili e militari. Il Sindaco della città, ottemperando ad una tradizione radicata e sentita, ha donato il cero votivo della città alla celeste Avvocata del popolo reggino.
I momenti di fede si sono conclusi con la processione del quadro per le vie del centro storico, resa difficoltosa, ma non impedita, dalle condizioni atmosferiche.

Giovanni Panuccio







14 settembre 2008

14 Settembre Esaltazione della Santa Croce

Oggi 14 Settembre la Chiesa festeggia la Croce, simbolo di morte, tortura, per glia antici romani, con la Morte di Cristo N. Signore e con la sua Resurezzione, è divenuta simbolo di libertà, di Amore, simbolo di Cristo stesso, perché attraverso essa il Figlio di Dio, ha salvato l’umanità.
Questa solennità viene festeggiata anche dalla comunità scillese. La chiesa di Favazzina e dedicata alla Santa Croce, in essa è custodita un frammento della Santa Croce di Cristo.
Quindi molto caro questo giorno ai favazzinesi, che oggi affollavano la piccola chiesa di Favazzina, dove al Termine della Santa Messa hanno ricevuto la Benedizione di Dio, pregando davanti questa santa reliquia.

Un tempo questo giorno veniva festeggiato con una bella Festa, che col tempo e con l’emigrazione di molti abitanti non si è potuto più organizzare.
Un gruppo di Scilla oggi è salito in pellegrinaggio al santuario di Polsi per rendere omaggio alla Santa Croce di Polsi e alla Santa Vergine. Oggi nel Santuario con la presenza del Vescovo di Polsi-Locri-Gerace si Festeggia l’esaltazione della Croce, a cui il luogo è legato, come è risaputo a Polsi si conserva un antica Croce Bizantina, appartenete all’antico santuario basiliano, ritrovata dopo secoli di abbandono di quei santi luoghi, da un pastorello, dopo l’apparizione della Vergine che gli ha indicato il luogo dove la Croce era sepolta

Costantino

12 settembre 2008

12 settembre: Santissimo Nome di Maria

Oggi 12 settembre a pochi giorni dal giorno dalla natività della Madre di Dio, la Chiesa festeggia, il suo SS nome, Maria.
Forse questo è il nome più comune al mondo, tradotto nella varie lingue, viene dato alle bambine, ed avvolte anche ai bambini come secondo nome. Il nome “Maria” inutile dire oltre al suo significato etimologico, ha assunto il significato, di madre, in quanto Maria è madre di Gesù, e Madre nostra. Oltretutto è doveroso ricordare che il nome Maria/ Miriam è caro anche ai musulmani, in quanto ella è riconosciuta, quale donna perfetta e pura, alla quale viene riservata una devozione del tutto particolare, paragonabile alla nostra devozione. Nella nostra Chiesa Reggina questo giorno, è legato alla Devozione di Maria con il titolo di “ Vergine della Consolazione” Patrona di Reggio e della nostra Diocesi, proprio questa notte, vigilia della traslazione dell’icona di Maria inizia la Veglia all’Eremo. Un tempo gli scillesi in questo giorno nel primo pomeriggio iniziavano il pellegrinaggio verso il santuario (eremo) a piedi, cantando e ballando in onore alla Vergine, al suono di tamburelli. Passata la notte in chiesa accompagnavano la madonna fino in cattedrale, dove avevano luogo gli ultimi balli che esprimevano la gioia di avere Maria come Madre, e la festeggiavano in modo semplice come si usava in quel periodo, con balli e canti, per poi fare ritorno a casa. Oggi la devozione a Maria è rimasta Viva, è cambiata nei modi ma l’attaccamento e la fiducia che il popolo della n.s. diocesi, riserva alla Vergine della Consolazione è immutato.
Questo nome ha diversi significati comunque deriva dall’ebraico Miriam, (riporto in basso qualche significato).

"MAESTRA E SIGNORA DEL MARE"Secondo questa interpretazione il nome di Maria deriverebbe da MOREH (ebr. Maestra-Signora) + YAM (= mare): come Maria, la sorella di Mose`, fu maestra delle donne ebree nel passaggio del Mar Rosso e Maestra nel canto di Vittoria (cf Es 15,20), cosi` "Maria e` la Maestra e la Signora del mare di questo secolo, che Ella ci fa attraversare conducendoci al cielo" (S.Ambrogio, Exhort. ad Virgines)Altri autori antichi che suggeriscono questa interpretazione: Filone, S. Girolamo, S. Epifanio. Questo parallelo tipologico tra Maria sorella di Mose` e Maria, madre di Dio, e` ripreso da Ps. Agostino, che chiama Maria "tympanistria nostra" (Maria sorella di Mose` e la suonatrice di timpano degli Ebrei, Maria SS. e` la tympanistria nostra, cioe` dei Cristiani: il cantico di Mose` del N.T sarebbe il Magnificat, cantato appunto da Maria: questa interpretazione e` sostenuta oggi dal P. Le Deaut, uno dei piu` grandi conoscitori delle letteratura tergumica ed ebraica in genere: secondo questo autore, S. Luca avrebbe fatto volontariamente questo parallelismo.
"ILLUMINATRICE, STELLA DEL MARE"Secondo questa interpretazione il nome di Maria deriverebbe da: prefisso nominale (o participiale) M + 'OR (ebr.= luce) + YAM (= mare): Cosi` S. Gregorio Taumaturgo, S. Isidoro, S. Girolamo (insieme alla precedente)Alcuni autori ritengono che S. Girolamo in realta` non abbia interpretato il nome come "stella del mare", ma come "stilla maris", cioè: goccia del mare. La presenza della radice di "mare" nel nome di Maria, ha suggerito diverse interpretazioni e/paragoni di Maria con il "mare":Pietro di Celles (+1183) Maria = "mare di grazie": di qui Montfort riprende: "Dio Padre ha radunato tutte le acque e le ha chiamate mare, ha radunato tutte le grazie e le ha chiamate Maria" (Vera Devozione, 23).Qohelet 1,7: "tutti i fiumi entrano nel mare"; S. Bonaventura sostiene che tutte le grazie (= tutti i fiumi) che hanno avuto gli angeli, gli apostoli, i martiri, i confessori, le vergini, sono "confluite" in Maria, il mare di grazie.S.Brigida: "ecco perche` il nome di Maria e` soave per gli angeli e terribile per i demoni"-------------Ave maris stella, Dei Mater alma, atque semper virgo, felix coeli porta...Questo inno sembra una meditazione sul nome di Maria, in rapporto a Maria sorella di Mosè: "Ave maris stella" (cf significato 3); "Dei Mater ALMA atque semper virgo": Maria, sorella di Mose`, viene chiamata in Es 2,8, `ALMAH = "vergine" e, etimologicamente "nascosta"; "felix coeli porta", cioe` "maestra del mare" di questo secolo che Ella ci fa attraversare (cf. significato 2)
Costantino

08 settembre 2008

Natività della Beata Vergine Maria


Oggi è un giorno speciale, la chiesa festeggia la natività della B.V. Maria.
Ella creatura Creatura fondamentale nella storia dell’umanità, con la sua nascita, inizia l’opera di salvezza che Dio ha riservato al genere umano già dalla creazione.
La Beata Vergine Maria fin dal suo concepimento è stata “preservata” dal peccato originale, poichè lei doveva divenire, “Tempio Santo”, lo Spirito di Dio doveva riposare, in ella si doveva incarnare il Salvatore.
Quindi giorno speciale la nascita di Maria, anche perché questo onore viene riservato a Cristo, e a San Giovanni Battista, colui che preparato la via alla venuta del Salvatore.
Inutile dire che per la comunità scillese è un giorno speciale, tradizionalmente legato alla Festa della Madonna della Consolazione patrona della Diocesi di Reggio Calabria -Bova.Oltretutto Scilla è legata alla Vergine, da un antico vincolo, la nostra parrocchia e intitolata alla Immacolata Concezione di Maria, già legata in passato alla Vergine Odigitria, molte delle nostre chiese sono dedicate alla Tutta Santa, nei vari titoli che ricordano la devozione e protezione che Maria, nostra Madre nel corso dei secoli ha riservato per noi, soprattutto nei momenti difficili di disorientamento, sempre ci ha accolti e raccolti attorno a sé, la preghiamo anche in questo giorno speciale, affinchè la nostra comunità possa rinascere a nuova vita

03 settembre 2008

LETTERA APERTA

Il testo integrale della seguente "LETTERA APERTA" è stato inviato oggi stesso, mercoledì 3 settembre 2008, a mezzo raccomandata con avviso di ricevuta, dai curatori di questo sito all'arcivescovo di Reggio-Bova Vittorio Mondello. Dato il carattere pubblico e non riservato della lettera e - soprattutto - dei temi in essa trattati non abbiamo reputato necessario attendere la ricevuta di ritorno prima di pubblicarla. Pensiamo fondatamente di aver dato voce, con questo gesto, a sentimenti largamente diffusi fra gli scillesi e fra le persone amanti di Scilla. Invitiamo tutti coloro che si riconoscono nel contenuto della lettera a manifestare pubblicamente il loro consenso nei modi consueti, ossia lasciando un breve commento in calce alla lettera; inviando una lettera elettronica all'indirizzo del nostro sito - scillachiese@yahoo.it - ovvero scrivendo nel libro degli ospiti del sito medesimo che trovate a destra cliccando sul simbolino della mano intenta a firmare e la scritta "Guest Book". Resta ferma - ovviamente - la possibilità di esprimere, nelle stesse forme, il proprio dissenso.




Scillachiese.blogspot.com






Sito internet “ http://scillachiese.blogspot.com/
Scilla


Vittorio Mondello
Arcivescovo
di Reggio Calabria-Bova


OGGETTO: IL PUNTO DI VISTA DI SCILLACHIESE.BLOGSPOT.COM SULLA FESTA DI SAN ROCCO 2008.


Monsignor Mondello,


il sito internet “ http://scillachiese.blogspot.com/” è stato fondato alla fine del 2007. L’iniziativa di Costantino Alfonzetti, Alessandro De Lorenzo, Eugenio Diano e Rocco Panuccio, alla quale collaborano anche Giovanni Panuccio ed altri cattolici scillesi, è nata con un duplice scopo. Quello di dare visibilità mondiale – soprattutto in vista dell’urgente recupero di stabili rapporti con i numerosi scillesi sparsi per i cinque continenti – alle millenarie forme espressive dell’identità – prevalentemente cattolica – di Scilla. E quello di offrire un luogo d’espressione civile e liberaldemocratico all’insopportabile disagio che una grande fetta – riteniamo fondatamente di poter dire: maggioritaria – del popolo scillese – tanto per la componente stanziata in città quanto per quella sparsa per la Regione, la Repubblica e il mondo – prova da quando, il 17 settembre 2003, Scilla è stata ufficiosamente e segretamente dichiarata “terra di missione”.





Il nuovo capo della Parrocchia arcipretale “Maria Ss. Immacolata”, infatti, succeduto alla benemerita quasi ventennale arcipretura di don Mimmo Marturano ed alla men che annuale amministrazione provvisoria di don Antonello Foderaro coadiuvato da don Aphrodis, ha da subito pensato di dover operare secondo due direttrici fondamentali:





a) eliminare ogni traccia della pregressa, millenaria, memoria comune degli scillesi, sbarrando le porte delle chiese succursali – una delle quali dichiarata addirittura sconsacrata se non indemoniata! -; eliminando totalmente tradizioni radicate e profondamente sentite, quasi tutte pressoché esclusivamente liturgiche e meditative e, in ogni caso, totalmente prive delle deviazioni deplorate dalla Chiesa e presenti in altre comunità; deridendo pubblicamente e privatamente i sentimenti diffusi fra gli scillesi e le modalità della loro genuina espressione pubblica della Fede, della Speranza e dell’Amore-Carità e della loro identità storica. Il tutto con la complicità di, per fortuna, pochi scillesi dimentichi di aver attivamente partecipato a tali espressioni fino ad un secondo prima!;


b) provare ad introdurre nuove abitudini collettive, alcune delle quali paradossalmente ispirate ai principi che presiedevano a quelle abolite.




Oltre a tali rilievi di merito, radicalmente offensivo dell’intelligenza degli scillesi è stato il metodo attraverso il quale tali cambiamenti sono stati imposti. Attraverso, cioè, il ricorso a pretesti e a spiegazioni adatte più a bambini sciocchi che a persone adulte dotate di media intelligenza e media dignità. Senza mai un annuncio responsabile e coraggioso del tipo, ad esempio: “Le feste di San Giuseppe, di San Francesco da Paola e di Maria Ss. di Porto Salvo sono abolite a decorrere da quest’anno e per i seguenti motivi…” NEANCHE L’OMBRA DI TUTTO CIO’. S’è preferito inventare veri e propri pretesti come – per fare un solo esempio - incompatibilità col calendario liturgico, confidando nel fatto che la maggioranza della gente non sa che tali problemi sono risolti per tempo dalle Conferenze episcopali che ne informano clero e popolo attraverso documenti precisi e argomentati. Mai, ad esempio, è stato detto chiaro e tondo alle numerose delegazioni di devoti recatesi nei primi anni di questa triste epoca dal capo della Parrocchia per ottenere informazioni sui programmi delle citate feste che quest’ultime erano abolite e – soprattutto – quali ne erano i motivi. S’è continuato a confidare nella presunzione di scarsa intelligenza e nulla cultura oltre che nell’infinita pazienza degli scillesi per rinviare alle calende greche spiegazioni che ancora sono attese.




Ma queste sono tutte cose che lei e/o i suoi collaboratori sanno perfettamente – a meno che non le abbiano dimenticate – perché puntualmente dagli ambienti più dignitosi e rispettosi di sé del popolo cattolico scillese le sono giunte le relative informazioni.




Per quanto riguarda la festa in onore del Patrono della città San Rocco, l’opera distruttiva della nuova dirigenza parrocchiale si presentava fin dall’inizio un po’ più ardua. Non perché il popolo di Dio istituisca “classifiche” fra i Servi della Santissima Trinità ai quali è più affezionato. Ma, semplicemente, perché il culto prestato al Patrono principale della città è notevolmente più radicato e, quindi, difficile da estirpare, di quelli per gli altri Patroni. Basti pensare al numero percentualmente abnorme di scillesi dal nome Rocco!




Partendo da tali considerazioni, anche perché la purezza e l’implacabilità dei programmi “pastorali” devono pur sempre fare i conti con la realtà, s’è deciso di percorrere un’altra strada. Quella che Giovanni Panuccio ha definito “politica della grattatina”. Vale a dire: la festa di San Rocco non si può abolire o radicalmente ridimensionare in una volta sola senza suscitare reazioni incontrollate da parte di alcuni scillesi. E allora si prende la strada molto più alla larga mirando a far disaffezionare progressivamente il popolo scillese verso la propria identità con uno o due provvedimenti all’anno, nell’illusione che non vengano notati dalla grande massa e che, quindi, vengano più agevolmente accettati, come una medicina amara alla quale è aggiunto dello zucchero. Con la sola, non certo trascurabile, differenza che le medicine, in linea di massima, hanno effetti benefici. Questi comportamenti, invece, non suscitano altro che fanatismo in infime minoranze e – nella grandissima maggioranza dei fedeli – progressiva ma sempre più evidente disaffezione nei confronti della festa in onore del proprio Patrono e, quindi, “a cascata”, della chiesa a lui dedicata, della Parrocchia arcipretale e – se non si è ipocriti è inutile nasconderselo – a lungo andare della stessa Chiesa cattolica.




La “politica della grattatina”, partita da subito, ha avuto le sue più temerarie espressioni l’anno scorso e, soprattutto, quest’anno.




Già dall’anno scorso s’è operato uno stravolgimento onestamente incomprensibile dell’ordine dei vari enti e gruppi partecipanti, a diverso titolo, alla processione. Tale ordine, probabilmente simile in tutto a quello adottato per la discesa e la salita del quadro della Madonna della Consolazione verso e dalla città, era il seguente: Croce; portatrici/portatori di ceri votivi; gruppi e associazioni parrocchiali, diocesani ed eventuali ospiti; clero ed eventuale diaconato; statua; autorità civili e militari; banda musicale; resto del popolo.




L’ordine stabilito nel 2007 prevede, invece: Croce; banda musicale; residui gruppi parrocchiali nati dopo la politica di “tabula rasa” operata fra il 2003 e il 2006 ovvero resistiti perché dotati di un’autonomia statutaria parzialmente sottratta all’arbitrio capriccioso del capo della Parrocchia; clero; statua e – confusi dietro la statua (sic) – autorità civili e militari, portatrici/portatori di ceri votivi e resto del popolo!




A chi scrive sembra veramente arduo immaginare la logica sottostante al fatto per il quale un gesto d’amore come l'offerta di un cero votivo – simbolo d’invocazione d’intercessione – rivolto ad un eroico Servo dei Servi di Dio, sia pure per il tramite della sua effigie, venga fatto esprimere alle spalle dell’effigie medesima, in un luogo, altresì, virtualmente staccato dalla processione vera e propria in quanto escluso dall’amplificazione sonora dei canti, delle preghiere e delle riflessioni clericali oltre che dall’ascolto dei – rarissimi – pezzi musicali (fra i quali l’Inno a San Rocco adottato dall’Associazione europea a lui intitolata) lasciati eseguire alla banda.




Altro grave cruccio ha suscitato – e continua a suscitare – la decisione di abolire i canti in lingua italiana da decenni dedicati dagli scillesi a San Rocco e – soprattutto – la preghiera cantata in dialetto reggino-scillese da tempo immemorabile pubblicamente rivolta a Dio – per l’intercessione di San Rocco – e da un paio di decenni racchiusa in un “rosario”, scritto dal compianto militante cattolico scillese Franco Martello e della cui approvazione ecclesiastica è pressoché impossibile dubitare.




Riteniamo utile riprodurre per intero il testo della preghiera in questione:


Santa Rroccu ra gran putenza, siti chinu ri santità
E la razia che vi cercu facitammilla, pi carità!
Facitammilla, Santa Rroccu, facitammilla la carità
Pi lu runu ca ricivistu di la Santissima Trinità!
Ieu vi onoru, o serafinu!
Ieu vi onoru, o pellegrinu!
Ieu vi onoru, o Santa Rroccu, pi la piaga chi aviti o rinocchiu
Comu Ddiu ti nzanau a tia, nzana la piaga dell’anima mia!




Veramente difficile trovare in queste parole qualcosa di men che ortodosso rispetto alla dottrina della Chiesa!




Se, infatti, il riferimento iniziale alla “grande potenza” di San Rocco può lasciar adito all’idea che ci si trovi di fronte ad un’espressione idolatrica, tale impressione è immediatamente fugata dal riferimento inequivocabile al fatto che i carismi dell’uomo-santo Rocco non sono altro che “dono” della Santissima Trinità che Rocco non ha avuto altro merito che non rifiutare.




E dopo le lodi comuni a questo tipo di preghiere, il canto si conclude con l’affermazione che la guarigione dalla peste ottenuta da Rocco mentre era ancora in vita è stata opera esclusiva di Dio mentre a San Rocco si chiede d’intercedere per sanare la “piaga dell’anima”, ossia il peccato!




Come si può dubitare della validità salvifica di tale genuina espressione di pietà popolare se suo scopo conclusivo non è quello di ottenere salute fisica o successo personale ma – al contrario – salute spirituale e guarigione dal peccato?!




In verità, sia nel 2007 sia nel 2008, il Santa Rroccu ra gran putenza è stato più volte intonato spontaneamente da gruppi di fedeli, fra i quali gli stessi portatori della statua, finché il capo della Parrocchia e gl’incaricati dell’animazione – riconoscendo la forza di tale pressione popolare – non hanno ceduto ed hanno, a loro volta, intonato il canto in questione. Soltanto che, palesemente, tali persone non lo conoscevano e lo hanno, quindi, stravolto, oltre ad averlo avulso dal citato “rosario”. Tale esecuzione ufficiale del canto è stata fatta in luoghi i più riservati possibile della processione ed è durata per un tempo così risibile che sarebbe davvero sorprendente se se ne fossero accorti tutti. Tant’è che quando i portatori hanno provato ad intonare nuovamente il canto in altro luogo sono stati investiti dall’inaudita violenza verbale di personale vicino al capo della Parrocchia. Tale estemporaneo e risibile cedimento all’esecuzione del canto tradizionale s’inserisce nella “politica del contentino”, strumentale rispetto a quella, strategicamente implacabile, “della grattatina”.




Nel 2007 e nel 2008, altresì, s’è assistito all’abolizione non solo delle fermate ma anche del mero passaggio dai sagrati delle chiese incontrate durante il tragitto. Tali fermate costituivano, nella tradizione scillese, l’ideale espressione del legame vivo e fortissimo degli scillesi fra di essi e della loro fede in Dio – rafforzata e giammai messa in pericolo dalla devozione verso San Rocco – sia pur nella pluralità delle tradizioni rionali che, ben lungi dal dividere la comunità parrocchiale, la univano vieppiù nel riconoscimento e nella valorizzazione di diversi carismi. Tali fermate, inoltre, scandivano temporalmente le tappe del procedere del sacro corteo, offrendo altresì l’occasione di meditare su brani della Sacra Bibbia o dei Dottori della Chiesa, non mancando riferimenti specifici alla storia ed all’attualità del quartiere volta a volta incontrato.




In questi anni, invece, s’è assistito alla secca abolizione di ogni e qualsiasi fermata. Con la sola eccezione di quelle “tecniche” che, pure, a noi risultava fossero abolite, come inequivocabilmente attestato dall’ira con la quale il capo della Parrocchia reagì ad analoghe fermate di altra processione. Una fermata di preghiera, in verità, è stata fatta. Quella davanti all’ingresso principale dell’ospedale “Scillesi d’America”. La preghiera in questione s’è risolta in una lunghissima invettiva del capo della Parrocchia contro l’aborto che, a suo dire, sarebbe largamente praticato nella struttura scillese. Lungi da chi scrive il non unirsi all’esecrazione di questo gravissimo attentato alla vita. Ma è giusto additare un’antica e benemerita struttura sanitaria come lo “Scillesi d’America” – simbolo di quanto gli scillesi sappiano fare di buono quando sono uniti e di come mantengano vivissimo il legame con la propria comunità religiosa e civile originaria anche quando, volenti o nolenti, l’abbiano abbandonata da molti anni – solo ed esclusivamente come una “fabbrica di morte” e non anche, e soprattutto, come un luogo di sollievo della sofferenza?




Tale eccezionale fermata tramutatasi in “tribuna d’invettiva” fa da contraltare alla mancata fermata all’ingresso della “Casa della Carità”, la clinica geriatrica vanto della comunità parrocchiale scillese e – riteniamo fondatamente di poter dire – della Diocesi reggina-bovese e della stessa sanità cattolica calabrese che in altre Diocesi ha fornito ben altri esempi, non certo edificanti…




Forse i ricoverati nella citata clinica, i loro familiari ed il personale sanitario, logistico ed amministrativo non meritavano il conforto della preghiera pubblica e della possibilità di venerare la sacra effigie per un tempo superiore a dieci secondi?




Altra audace “grattatina” è quella che s’è aggiunta quest’anno al “taglio” delle piazzette antistanti le chiese. Stavolta s’è addirittura deciso di eliminare un intero tratto di strada dal percorso della processione!




Probabilmente lei troverà facile obiettare che non è il caso d’impuntarsi per una semplice modifica d’itinerario. Sì, se questa avesse delle serie motivazioni e queste fossero pubblicamente esposte e se i criteri validi per questo “taglio” fossero applicati in ogni circostanza analoga. E, soprattutto, se di tale modifica fosse stata data pubblica comunicazione già in epoca di annuncio del programma della festa, consentendo ai familiari delle persone non deambulanti residenti nel luogo in questione di attivarsi per tempo per consentire ai propri congiunti la possibilità di venerare l’amata statua al passaggio della processione in altro modo, sempre ammesso che esista. E a lei non sfugge certamente come corrisponda all’Amore-Carità il consentire agli infermi di non sentirsi esclusi dal culto pubblico!




Il tratto in questione è quello di via Nazionale parallelo a Chianalea e confluente in piazza Duomo.




Anche in questo caso, s’è scelta la via dell’imbroglio e dell’abuso dell’altrui intelligenza e pazienza. La statua, giunta da piazza San Rocco, è stata subito collocata in direzione dell’ingresso nel quartiere Chianalea e qui fermata (segno inequivocabile che la decisione di non condurre la statua nel tratto in questione era già stata presa!). Da personale di fiducia del capo della Parrocchia è stato quindi avviato un finto sopralluogo nel tratto in questione al termine del quale è stato annunciato – ai soli portatori, non certo al popolo tutto – che il tratto era impraticabile perché non vi era stato il previo blocco all’accesso delle automobili. Cosa assolutamente falsa. Gli agenti di Polizia locale e gli ausiliari del traffico avevano operato per tempo il blocco in questione come tutti i partecipanti alla processione si sono potuti accertare semplicemente guardando la strada quando la processione medesima passava da una strada parallela più alta!




E poi, monsignore, senza considerare questo metodo inverecondo, come si fa a stabilire quando una strada è secondaria o principale? Tanto più se consideriamo che l’espansione edilizia tende sempre più a far ritenere centrali aree fino a pochissimi lustri fa reputate periferiche…




Come lei sa, inoltre, per motivi storici molto validi, oltre alle due principali processioni con la magnifica statua lignea di San Rocco, la tradizione scillese prevede altresì la traslazione di un’antica statua in cartapesta dalla cappella delle statue della chiesa patronale ad un’edicola situata all’altro capo del corso principale della città, nel luogo un tempo d’ingresso alla città medesima.




Sia la traslazione della statua nell’edicola sia la sua riposizione nella cappella delle statue sono avvenute senza il tradizionale accompagnamento della banda musicale. Chi scrive non ritiene che il ruolo di quest’ultima in una processione sia avulso dal momento liturgico-meditativo. Pensiamo, invece, che inframezzare le preghiere e i canti con momenti musicali aiuti molto la riflessione e l’allentamento della tensione che comunque accompagna una preghiera pubblica intensa ed insistita. S’è preferito, invece, continuare a pregare e a cantare – anche con evidente affanno e con diminuzione di voce – senza curarsi di rendere più facile la partecipazione alla preghiera medesima e più ordinato il susseguirsi dei vari momenti meditativi.




La statua in cartapesta in questione, altresì, è stata lasciata priva d’illuminazione in entrambe le brevi processioni citate. Segno di scarso decoro e di mancanza di rispetto verso immagini venerate, simbolo di persone profetiche, testimoni eterni dell’Amore di Dio. Tale triste evenienza ebbe luogo anche in passato. Finché Rocco Panuccio non se ne fece carico e, per alcuni anni, il decoro venne – almeno in questo caso – ristabilito. Solo che la persona citata appartiene alla benemerita Associazione portatori dell’Immacolata, disciolta d’autorità e con accompagnamento d’insulti e improperi inauditi oltre che per motivazioni ridicole offensive dell’intelligenza e della maturità della persona che ha acceduto all’ira per così poco.




Nell'ultima delle celebrazioni liturgiche della festa, altresì, l'autorità religiosa ha pensato di dover accusare il popolo che venne chiamato a guidare d'incapacità di pregare, per via delle innumerevoli - spontanee - richieste di poter esprimere pubblicamente la propria pietà secondo modalità care ad ogni scillese e amante di Scilla e, come riteniamo d'aver dimostrato, pienamente in linea con gl'insegnamenti della Chiesa. L'animazione liturgica ufficiale, infatti, oltre ai citati pesanti ed ingiustificati "tagli", ha altresì totalmente ignorato il carattere di processioni in onore di San Rocco che avevano i sacri cortei, preferendo eseguire e ripetere - talvolta ossessivamente - canti e preghiere tipici di altre liturgie o preghiere comunitarie. E' davvero così sorprendente che il popolo abbia invocato il rispetto del carattere originario delle celebrazioni patronali, senza per questo dichiararsi contrario ad altre forme liturgiche da tenersi, però, in occasioni ben distinte?




Tocca a noi, altresì, farci carico del disappunto del popolo del Comune di Scilla, visto che l’amministrazione del Comune medesimo a tutto sembra pensosa fuorché a difendere gl’interessi e la dignità comune dei suoi amministrati. Per il secondo anno consecutivo, infatti, l’autorità religiosa ha avuto la tracotanza di rifiutare il dono del cero che il governo comunale, a nome di tutta la città, offre da tempo alla casa del Santo Patrono, a significare l’importanza – pur nel pieno rispetto del principio di laicità – che l’autorità politica annette ai sentimenti diffusi fra i propri rappresentati, certa che l’identità e la civiltà di una comunità, finalizzate al bene comune, si nutrono anche del sentimento religioso e della memoria di persone come San Rocco e i tanti scillesi che, nei secoli, hanno tratto da lui l’esempio per fare del Bene. O, almeno, per non fare del male.




Non sappiamo se dai luoghi lontani da Scilla nei quali trascorre gran parte del suo tempo, il capo della sua Parrocchia leggerà queste righe. Ad ogni modo, monsignor Mondello, questa è stata la festa di San Rocco a Scilla nel 2008. Questa è l’angustia di tanti cuori scillesi e amanti di Scilla.




Scilla, 3 settembre 2008




Saluti,




Costantino Alfonzetti
Alessandro De Lorenzo
Eugenio Diano
Giovanni Panuccio
Rocco Panuccio