Come è nato il blog "scillachiese"?

Questo blog nasce dalla fede e devozione che,
questo piccolo gruppo di ragazzi,
ha verso le proprie chiese
e ciò che rappresentano.

03 settembre 2008

LETTERA APERTA

Il testo integrale della seguente "LETTERA APERTA" è stato inviato oggi stesso, mercoledì 3 settembre 2008, a mezzo raccomandata con avviso di ricevuta, dai curatori di questo sito all'arcivescovo di Reggio-Bova Vittorio Mondello. Dato il carattere pubblico e non riservato della lettera e - soprattutto - dei temi in essa trattati non abbiamo reputato necessario attendere la ricevuta di ritorno prima di pubblicarla. Pensiamo fondatamente di aver dato voce, con questo gesto, a sentimenti largamente diffusi fra gli scillesi e fra le persone amanti di Scilla. Invitiamo tutti coloro che si riconoscono nel contenuto della lettera a manifestare pubblicamente il loro consenso nei modi consueti, ossia lasciando un breve commento in calce alla lettera; inviando una lettera elettronica all'indirizzo del nostro sito - scillachiese@yahoo.it - ovvero scrivendo nel libro degli ospiti del sito medesimo che trovate a destra cliccando sul simbolino della mano intenta a firmare e la scritta "Guest Book". Resta ferma - ovviamente - la possibilità di esprimere, nelle stesse forme, il proprio dissenso.




Scillachiese.blogspot.com






Sito internet “ http://scillachiese.blogspot.com/
Scilla


Vittorio Mondello
Arcivescovo
di Reggio Calabria-Bova


OGGETTO: IL PUNTO DI VISTA DI SCILLACHIESE.BLOGSPOT.COM SULLA FESTA DI SAN ROCCO 2008.


Monsignor Mondello,


il sito internet “ http://scillachiese.blogspot.com/” è stato fondato alla fine del 2007. L’iniziativa di Costantino Alfonzetti, Alessandro De Lorenzo, Eugenio Diano e Rocco Panuccio, alla quale collaborano anche Giovanni Panuccio ed altri cattolici scillesi, è nata con un duplice scopo. Quello di dare visibilità mondiale – soprattutto in vista dell’urgente recupero di stabili rapporti con i numerosi scillesi sparsi per i cinque continenti – alle millenarie forme espressive dell’identità – prevalentemente cattolica – di Scilla. E quello di offrire un luogo d’espressione civile e liberaldemocratico all’insopportabile disagio che una grande fetta – riteniamo fondatamente di poter dire: maggioritaria – del popolo scillese – tanto per la componente stanziata in città quanto per quella sparsa per la Regione, la Repubblica e il mondo – prova da quando, il 17 settembre 2003, Scilla è stata ufficiosamente e segretamente dichiarata “terra di missione”.





Il nuovo capo della Parrocchia arcipretale “Maria Ss. Immacolata”, infatti, succeduto alla benemerita quasi ventennale arcipretura di don Mimmo Marturano ed alla men che annuale amministrazione provvisoria di don Antonello Foderaro coadiuvato da don Aphrodis, ha da subito pensato di dover operare secondo due direttrici fondamentali:





a) eliminare ogni traccia della pregressa, millenaria, memoria comune degli scillesi, sbarrando le porte delle chiese succursali – una delle quali dichiarata addirittura sconsacrata se non indemoniata! -; eliminando totalmente tradizioni radicate e profondamente sentite, quasi tutte pressoché esclusivamente liturgiche e meditative e, in ogni caso, totalmente prive delle deviazioni deplorate dalla Chiesa e presenti in altre comunità; deridendo pubblicamente e privatamente i sentimenti diffusi fra gli scillesi e le modalità della loro genuina espressione pubblica della Fede, della Speranza e dell’Amore-Carità e della loro identità storica. Il tutto con la complicità di, per fortuna, pochi scillesi dimentichi di aver attivamente partecipato a tali espressioni fino ad un secondo prima!;


b) provare ad introdurre nuove abitudini collettive, alcune delle quali paradossalmente ispirate ai principi che presiedevano a quelle abolite.




Oltre a tali rilievi di merito, radicalmente offensivo dell’intelligenza degli scillesi è stato il metodo attraverso il quale tali cambiamenti sono stati imposti. Attraverso, cioè, il ricorso a pretesti e a spiegazioni adatte più a bambini sciocchi che a persone adulte dotate di media intelligenza e media dignità. Senza mai un annuncio responsabile e coraggioso del tipo, ad esempio: “Le feste di San Giuseppe, di San Francesco da Paola e di Maria Ss. di Porto Salvo sono abolite a decorrere da quest’anno e per i seguenti motivi…” NEANCHE L’OMBRA DI TUTTO CIO’. S’è preferito inventare veri e propri pretesti come – per fare un solo esempio - incompatibilità col calendario liturgico, confidando nel fatto che la maggioranza della gente non sa che tali problemi sono risolti per tempo dalle Conferenze episcopali che ne informano clero e popolo attraverso documenti precisi e argomentati. Mai, ad esempio, è stato detto chiaro e tondo alle numerose delegazioni di devoti recatesi nei primi anni di questa triste epoca dal capo della Parrocchia per ottenere informazioni sui programmi delle citate feste che quest’ultime erano abolite e – soprattutto – quali ne erano i motivi. S’è continuato a confidare nella presunzione di scarsa intelligenza e nulla cultura oltre che nell’infinita pazienza degli scillesi per rinviare alle calende greche spiegazioni che ancora sono attese.




Ma queste sono tutte cose che lei e/o i suoi collaboratori sanno perfettamente – a meno che non le abbiano dimenticate – perché puntualmente dagli ambienti più dignitosi e rispettosi di sé del popolo cattolico scillese le sono giunte le relative informazioni.




Per quanto riguarda la festa in onore del Patrono della città San Rocco, l’opera distruttiva della nuova dirigenza parrocchiale si presentava fin dall’inizio un po’ più ardua. Non perché il popolo di Dio istituisca “classifiche” fra i Servi della Santissima Trinità ai quali è più affezionato. Ma, semplicemente, perché il culto prestato al Patrono principale della città è notevolmente più radicato e, quindi, difficile da estirpare, di quelli per gli altri Patroni. Basti pensare al numero percentualmente abnorme di scillesi dal nome Rocco!




Partendo da tali considerazioni, anche perché la purezza e l’implacabilità dei programmi “pastorali” devono pur sempre fare i conti con la realtà, s’è deciso di percorrere un’altra strada. Quella che Giovanni Panuccio ha definito “politica della grattatina”. Vale a dire: la festa di San Rocco non si può abolire o radicalmente ridimensionare in una volta sola senza suscitare reazioni incontrollate da parte di alcuni scillesi. E allora si prende la strada molto più alla larga mirando a far disaffezionare progressivamente il popolo scillese verso la propria identità con uno o due provvedimenti all’anno, nell’illusione che non vengano notati dalla grande massa e che, quindi, vengano più agevolmente accettati, come una medicina amara alla quale è aggiunto dello zucchero. Con la sola, non certo trascurabile, differenza che le medicine, in linea di massima, hanno effetti benefici. Questi comportamenti, invece, non suscitano altro che fanatismo in infime minoranze e – nella grandissima maggioranza dei fedeli – progressiva ma sempre più evidente disaffezione nei confronti della festa in onore del proprio Patrono e, quindi, “a cascata”, della chiesa a lui dedicata, della Parrocchia arcipretale e – se non si è ipocriti è inutile nasconderselo – a lungo andare della stessa Chiesa cattolica.




La “politica della grattatina”, partita da subito, ha avuto le sue più temerarie espressioni l’anno scorso e, soprattutto, quest’anno.




Già dall’anno scorso s’è operato uno stravolgimento onestamente incomprensibile dell’ordine dei vari enti e gruppi partecipanti, a diverso titolo, alla processione. Tale ordine, probabilmente simile in tutto a quello adottato per la discesa e la salita del quadro della Madonna della Consolazione verso e dalla città, era il seguente: Croce; portatrici/portatori di ceri votivi; gruppi e associazioni parrocchiali, diocesani ed eventuali ospiti; clero ed eventuale diaconato; statua; autorità civili e militari; banda musicale; resto del popolo.




L’ordine stabilito nel 2007 prevede, invece: Croce; banda musicale; residui gruppi parrocchiali nati dopo la politica di “tabula rasa” operata fra il 2003 e il 2006 ovvero resistiti perché dotati di un’autonomia statutaria parzialmente sottratta all’arbitrio capriccioso del capo della Parrocchia; clero; statua e – confusi dietro la statua (sic) – autorità civili e militari, portatrici/portatori di ceri votivi e resto del popolo!




A chi scrive sembra veramente arduo immaginare la logica sottostante al fatto per il quale un gesto d’amore come l'offerta di un cero votivo – simbolo d’invocazione d’intercessione – rivolto ad un eroico Servo dei Servi di Dio, sia pure per il tramite della sua effigie, venga fatto esprimere alle spalle dell’effigie medesima, in un luogo, altresì, virtualmente staccato dalla processione vera e propria in quanto escluso dall’amplificazione sonora dei canti, delle preghiere e delle riflessioni clericali oltre che dall’ascolto dei – rarissimi – pezzi musicali (fra i quali l’Inno a San Rocco adottato dall’Associazione europea a lui intitolata) lasciati eseguire alla banda.




Altro grave cruccio ha suscitato – e continua a suscitare – la decisione di abolire i canti in lingua italiana da decenni dedicati dagli scillesi a San Rocco e – soprattutto – la preghiera cantata in dialetto reggino-scillese da tempo immemorabile pubblicamente rivolta a Dio – per l’intercessione di San Rocco – e da un paio di decenni racchiusa in un “rosario”, scritto dal compianto militante cattolico scillese Franco Martello e della cui approvazione ecclesiastica è pressoché impossibile dubitare.




Riteniamo utile riprodurre per intero il testo della preghiera in questione:


Santa Rroccu ra gran putenza, siti chinu ri santità
E la razia che vi cercu facitammilla, pi carità!
Facitammilla, Santa Rroccu, facitammilla la carità
Pi lu runu ca ricivistu di la Santissima Trinità!
Ieu vi onoru, o serafinu!
Ieu vi onoru, o pellegrinu!
Ieu vi onoru, o Santa Rroccu, pi la piaga chi aviti o rinocchiu
Comu Ddiu ti nzanau a tia, nzana la piaga dell’anima mia!




Veramente difficile trovare in queste parole qualcosa di men che ortodosso rispetto alla dottrina della Chiesa!




Se, infatti, il riferimento iniziale alla “grande potenza” di San Rocco può lasciar adito all’idea che ci si trovi di fronte ad un’espressione idolatrica, tale impressione è immediatamente fugata dal riferimento inequivocabile al fatto che i carismi dell’uomo-santo Rocco non sono altro che “dono” della Santissima Trinità che Rocco non ha avuto altro merito che non rifiutare.




E dopo le lodi comuni a questo tipo di preghiere, il canto si conclude con l’affermazione che la guarigione dalla peste ottenuta da Rocco mentre era ancora in vita è stata opera esclusiva di Dio mentre a San Rocco si chiede d’intercedere per sanare la “piaga dell’anima”, ossia il peccato!




Come si può dubitare della validità salvifica di tale genuina espressione di pietà popolare se suo scopo conclusivo non è quello di ottenere salute fisica o successo personale ma – al contrario – salute spirituale e guarigione dal peccato?!




In verità, sia nel 2007 sia nel 2008, il Santa Rroccu ra gran putenza è stato più volte intonato spontaneamente da gruppi di fedeli, fra i quali gli stessi portatori della statua, finché il capo della Parrocchia e gl’incaricati dell’animazione – riconoscendo la forza di tale pressione popolare – non hanno ceduto ed hanno, a loro volta, intonato il canto in questione. Soltanto che, palesemente, tali persone non lo conoscevano e lo hanno, quindi, stravolto, oltre ad averlo avulso dal citato “rosario”. Tale esecuzione ufficiale del canto è stata fatta in luoghi i più riservati possibile della processione ed è durata per un tempo così risibile che sarebbe davvero sorprendente se se ne fossero accorti tutti. Tant’è che quando i portatori hanno provato ad intonare nuovamente il canto in altro luogo sono stati investiti dall’inaudita violenza verbale di personale vicino al capo della Parrocchia. Tale estemporaneo e risibile cedimento all’esecuzione del canto tradizionale s’inserisce nella “politica del contentino”, strumentale rispetto a quella, strategicamente implacabile, “della grattatina”.




Nel 2007 e nel 2008, altresì, s’è assistito all’abolizione non solo delle fermate ma anche del mero passaggio dai sagrati delle chiese incontrate durante il tragitto. Tali fermate costituivano, nella tradizione scillese, l’ideale espressione del legame vivo e fortissimo degli scillesi fra di essi e della loro fede in Dio – rafforzata e giammai messa in pericolo dalla devozione verso San Rocco – sia pur nella pluralità delle tradizioni rionali che, ben lungi dal dividere la comunità parrocchiale, la univano vieppiù nel riconoscimento e nella valorizzazione di diversi carismi. Tali fermate, inoltre, scandivano temporalmente le tappe del procedere del sacro corteo, offrendo altresì l’occasione di meditare su brani della Sacra Bibbia o dei Dottori della Chiesa, non mancando riferimenti specifici alla storia ed all’attualità del quartiere volta a volta incontrato.




In questi anni, invece, s’è assistito alla secca abolizione di ogni e qualsiasi fermata. Con la sola eccezione di quelle “tecniche” che, pure, a noi risultava fossero abolite, come inequivocabilmente attestato dall’ira con la quale il capo della Parrocchia reagì ad analoghe fermate di altra processione. Una fermata di preghiera, in verità, è stata fatta. Quella davanti all’ingresso principale dell’ospedale “Scillesi d’America”. La preghiera in questione s’è risolta in una lunghissima invettiva del capo della Parrocchia contro l’aborto che, a suo dire, sarebbe largamente praticato nella struttura scillese. Lungi da chi scrive il non unirsi all’esecrazione di questo gravissimo attentato alla vita. Ma è giusto additare un’antica e benemerita struttura sanitaria come lo “Scillesi d’America” – simbolo di quanto gli scillesi sappiano fare di buono quando sono uniti e di come mantengano vivissimo il legame con la propria comunità religiosa e civile originaria anche quando, volenti o nolenti, l’abbiano abbandonata da molti anni – solo ed esclusivamente come una “fabbrica di morte” e non anche, e soprattutto, come un luogo di sollievo della sofferenza?




Tale eccezionale fermata tramutatasi in “tribuna d’invettiva” fa da contraltare alla mancata fermata all’ingresso della “Casa della Carità”, la clinica geriatrica vanto della comunità parrocchiale scillese e – riteniamo fondatamente di poter dire – della Diocesi reggina-bovese e della stessa sanità cattolica calabrese che in altre Diocesi ha fornito ben altri esempi, non certo edificanti…




Forse i ricoverati nella citata clinica, i loro familiari ed il personale sanitario, logistico ed amministrativo non meritavano il conforto della preghiera pubblica e della possibilità di venerare la sacra effigie per un tempo superiore a dieci secondi?




Altra audace “grattatina” è quella che s’è aggiunta quest’anno al “taglio” delle piazzette antistanti le chiese. Stavolta s’è addirittura deciso di eliminare un intero tratto di strada dal percorso della processione!




Probabilmente lei troverà facile obiettare che non è il caso d’impuntarsi per una semplice modifica d’itinerario. Sì, se questa avesse delle serie motivazioni e queste fossero pubblicamente esposte e se i criteri validi per questo “taglio” fossero applicati in ogni circostanza analoga. E, soprattutto, se di tale modifica fosse stata data pubblica comunicazione già in epoca di annuncio del programma della festa, consentendo ai familiari delle persone non deambulanti residenti nel luogo in questione di attivarsi per tempo per consentire ai propri congiunti la possibilità di venerare l’amata statua al passaggio della processione in altro modo, sempre ammesso che esista. E a lei non sfugge certamente come corrisponda all’Amore-Carità il consentire agli infermi di non sentirsi esclusi dal culto pubblico!




Il tratto in questione è quello di via Nazionale parallelo a Chianalea e confluente in piazza Duomo.




Anche in questo caso, s’è scelta la via dell’imbroglio e dell’abuso dell’altrui intelligenza e pazienza. La statua, giunta da piazza San Rocco, è stata subito collocata in direzione dell’ingresso nel quartiere Chianalea e qui fermata (segno inequivocabile che la decisione di non condurre la statua nel tratto in questione era già stata presa!). Da personale di fiducia del capo della Parrocchia è stato quindi avviato un finto sopralluogo nel tratto in questione al termine del quale è stato annunciato – ai soli portatori, non certo al popolo tutto – che il tratto era impraticabile perché non vi era stato il previo blocco all’accesso delle automobili. Cosa assolutamente falsa. Gli agenti di Polizia locale e gli ausiliari del traffico avevano operato per tempo il blocco in questione come tutti i partecipanti alla processione si sono potuti accertare semplicemente guardando la strada quando la processione medesima passava da una strada parallela più alta!




E poi, monsignore, senza considerare questo metodo inverecondo, come si fa a stabilire quando una strada è secondaria o principale? Tanto più se consideriamo che l’espansione edilizia tende sempre più a far ritenere centrali aree fino a pochissimi lustri fa reputate periferiche…




Come lei sa, inoltre, per motivi storici molto validi, oltre alle due principali processioni con la magnifica statua lignea di San Rocco, la tradizione scillese prevede altresì la traslazione di un’antica statua in cartapesta dalla cappella delle statue della chiesa patronale ad un’edicola situata all’altro capo del corso principale della città, nel luogo un tempo d’ingresso alla città medesima.




Sia la traslazione della statua nell’edicola sia la sua riposizione nella cappella delle statue sono avvenute senza il tradizionale accompagnamento della banda musicale. Chi scrive non ritiene che il ruolo di quest’ultima in una processione sia avulso dal momento liturgico-meditativo. Pensiamo, invece, che inframezzare le preghiere e i canti con momenti musicali aiuti molto la riflessione e l’allentamento della tensione che comunque accompagna una preghiera pubblica intensa ed insistita. S’è preferito, invece, continuare a pregare e a cantare – anche con evidente affanno e con diminuzione di voce – senza curarsi di rendere più facile la partecipazione alla preghiera medesima e più ordinato il susseguirsi dei vari momenti meditativi.




La statua in cartapesta in questione, altresì, è stata lasciata priva d’illuminazione in entrambe le brevi processioni citate. Segno di scarso decoro e di mancanza di rispetto verso immagini venerate, simbolo di persone profetiche, testimoni eterni dell’Amore di Dio. Tale triste evenienza ebbe luogo anche in passato. Finché Rocco Panuccio non se ne fece carico e, per alcuni anni, il decoro venne – almeno in questo caso – ristabilito. Solo che la persona citata appartiene alla benemerita Associazione portatori dell’Immacolata, disciolta d’autorità e con accompagnamento d’insulti e improperi inauditi oltre che per motivazioni ridicole offensive dell’intelligenza e della maturità della persona che ha acceduto all’ira per così poco.




Nell'ultima delle celebrazioni liturgiche della festa, altresì, l'autorità religiosa ha pensato di dover accusare il popolo che venne chiamato a guidare d'incapacità di pregare, per via delle innumerevoli - spontanee - richieste di poter esprimere pubblicamente la propria pietà secondo modalità care ad ogni scillese e amante di Scilla e, come riteniamo d'aver dimostrato, pienamente in linea con gl'insegnamenti della Chiesa. L'animazione liturgica ufficiale, infatti, oltre ai citati pesanti ed ingiustificati "tagli", ha altresì totalmente ignorato il carattere di processioni in onore di San Rocco che avevano i sacri cortei, preferendo eseguire e ripetere - talvolta ossessivamente - canti e preghiere tipici di altre liturgie o preghiere comunitarie. E' davvero così sorprendente che il popolo abbia invocato il rispetto del carattere originario delle celebrazioni patronali, senza per questo dichiararsi contrario ad altre forme liturgiche da tenersi, però, in occasioni ben distinte?




Tocca a noi, altresì, farci carico del disappunto del popolo del Comune di Scilla, visto che l’amministrazione del Comune medesimo a tutto sembra pensosa fuorché a difendere gl’interessi e la dignità comune dei suoi amministrati. Per il secondo anno consecutivo, infatti, l’autorità religiosa ha avuto la tracotanza di rifiutare il dono del cero che il governo comunale, a nome di tutta la città, offre da tempo alla casa del Santo Patrono, a significare l’importanza – pur nel pieno rispetto del principio di laicità – che l’autorità politica annette ai sentimenti diffusi fra i propri rappresentati, certa che l’identità e la civiltà di una comunità, finalizzate al bene comune, si nutrono anche del sentimento religioso e della memoria di persone come San Rocco e i tanti scillesi che, nei secoli, hanno tratto da lui l’esempio per fare del Bene. O, almeno, per non fare del male.




Non sappiamo se dai luoghi lontani da Scilla nei quali trascorre gran parte del suo tempo, il capo della sua Parrocchia leggerà queste righe. Ad ogni modo, monsignor Mondello, questa è stata la festa di San Rocco a Scilla nel 2008. Questa è l’angustia di tanti cuori scillesi e amanti di Scilla.




Scilla, 3 settembre 2008




Saluti,




Costantino Alfonzetti
Alessandro De Lorenzo
Eugenio Diano
Giovanni Panuccio
Rocco Panuccio

2 commenti:

lun@tiko ha detto...

ho letto con molto sconcerto la lettera che giustamente volete manadre al vostro vescovo, abolire le tradizioni di un popolo è una cosa bruttissima, è cancellare l'identità e la cultura della gente che usa le sue usanze per ringraziare DIO.Purtroppo alcuni"preti" si dimenticano il loro ruolo e fanno abuso di potere , queste cose mi rabbrividiscono.Anche al mio paese nel corso degli anni passati abbiamo lottato per conservare le nostre tradizioni che erano sempre contestate dal clero, ma alla fine il popolo ha vinto, dovreste fare anche una petizione popolare oltre alla lettera, spero che questa vostra iniziativa porti i risultati che vi aspettate,pregate il vostro santo patrono e DIO che possano illuminare queste persone, vi faccio l'augurio che presto torni tutto com'era. ps da quanto ne so io, potreste anche rivolgervi ai beni culturali nel settore della salvaguardia delle tradizioni, non so ma mi han detto che c'è un settore che tutela le tradizioni antiche religiose informatevi..in bocca al lupo

Kostas ha detto...

Grazie luntatico, per la tua vicinanza e consiglio.