Tante sono le opere d’arte che ornano le nostre bellissime chiese. Fra queste, senza dubbio, la più prestigiosa è la statua marmorea raffigurante San Rocco che sovrasta il maestoso altare
sinistra indica la piaga sanguinante. L’interno della tunica è dipinto di un verde intenso così come
gli orli, mentre i capelli sono dorati. Alla sua sinistra è scolpito un angioletto che mostra il segno del morbo pestifero (il cane con il pane in bocca sarà rappresentato solo in epoca più recente) ed indossa una graziosa tunica con gli orli dorati così come dorati sono anche i suoi lunghi capelli. Della presenza di questa statua troviamo traccia tra gli scritti relativi alla prima visita pastorale di mons. Annibale D’Afflitto del 1594 durante la quale, tra le altre cose, visitava la chiesa di San Rocco con relativa confraternita. Scilla inoltre è l’unica città della vasta arcidiocesi Reggina-Bovese a possedere una statua di marmo raffigurante San Rocco, statua che non è presente neanche nei centri rientranti nella competenza di altre diocesi dove è particolarmente sentito il culto al Santo Romeo, come Palmi, Gioiosa Jonica, Acquaro o Cittannova. Attorno al suo arrivo a Scilla ruotano diverse leggende. Secondo una di queste, la statua venne portata insieme con quella sempre marmorea raffigurante l’Immacolata, e dopo aver collocato quest’ultima nel rione superiore (attuale chiesa di San Rocco ) e San Rocco in quello inferiore (attuale chiesa Matrice), li videro l’indomani in posizione invertita. Senza scoraggiarsi spostarono nuovamente le due statue per ben tre volte, ma dopo il terzo giorno, con stupore, capirono che San Rocco voleva rimanere nel quartiere alto, mentre l’Immacolata in piazza Matrice, ossia il punto di mezzo del Paese. Un’altra leggenda narra che, mentre trasportavano la statua, arrivati
all’altezza dell’attuale tabacchino in piazza San Rocco, cadde il bastone (tutt’oggi il bastone della statua è in legno perché manca quello in marmo) ed in quel punto crebbe un grandissimo albero. Era talmente maestoso e verdeggiante che portava ombra al palazzo alle sue spalle di proprietà della famiglia Cimino la quale - infastidita dall’ombra - decise di tagliarlo. Sempre secondo la leggenda tutti i componenti di questa famiglia caddero in disgrazia e scomparvero da Scilla. Infine, un’altra legenda, che si intreccia però con la storia, è quella secondo la quale inizialmente la statua veniva portata in processione per le vie del paese. Questa tesi è suffragata dall’usura del piede sinistro causata dalle carezze dei fedeli. Sarebbe stato impossibile levigare il marmo se la statua fosse sempre stata collocata sull’altare maggiore… Scilla, come si può notare, ha sempre avuto un intenso legame con il nostro amato Patrono ed è davvero triste vedere l’agonia materiale e spirituale in cui versa la nostra amata Chiesa patronale. Ma la cosa che più d’ogni altra mi reca sofferenza è il silenzio e l’indifferenza di moltissimi scillesi, grazie anche al sacrificio dei quali è stato possibile ricostruire il nostro bellissimo Santuario. Spero che, anche grazie a queste brevi righe, si possano svegliare le coscienze e si possa riuscire a salvare quello che ormai è destinato alla distruzione.Rocco Panuccio




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