La mia grande devozione verso il nostro Santo Patrono mi ha spinto sin dalla più tenera età a documentarmi riguardo la vita del nostro protettore e soprattutto riguardo l’antichità del culto a Scilla. Fra i molti testi visionati, senza dubbio il più completo ed esauriente è stato il prezioso volumetto “CENNI SULLA VITA DI SAN ROCCO DELLA CROCE” scritto dall’illustre Canonico Giovanni Minasi nel 1886 e recentemente ripubblicato a cura di Pasquale Arbitrio che lo ha arricchito inserendo le preghiere devozionali e le immagini più caratteristiche della festa. Tra le altre cose, nella parte riguardante l’antichità del culto a Scilla, il canonico parla della presenza nella nostra chiesa patronale di due reliquie, traslate da Venezia da marinai scillesi tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo. Una delle suddette reliquie è così descritta: quest’osso è quasi intero,ma vedesi solo un po’scheggiato e rotto dalla parte dell’apice,ed è sostenuto da quattro uncinetti in una teca d’argento. Esso è lungo millim. 45, largo dalla parte della base millim. 26,e dalla parte dell’apice millim. 15. Su si essa si legge S.Rochus e fu riconosciuta da periti dell’arte per l’apofisi acromion che fa parte della scapola. La curiosità mi pervase subito, perché mentre conoscevo bene la reliquia che durante i festeggiamenti viene collocata sul petto della statua, ignoravo completamente l’esistenza di quest’altra. Iniziai allora a fare delle ricerche che durarono circa due anni e che però non avevano portato buoni risultati: sembrava infatti che questa reliquia si fosse dissolta nel nulla, fino a quando, sia pur a malincuore, lasciai perdere completamente la faccenda. Una sera di novembre 2005, su proposta di Giuseppe Fontana, ci recammo alla “Casa della Carità”, per portare in parrocchia dei paramenti sacri lì custoditi, per poi, su invito del direttore della casa di cura, prendere in consegna anche degli oggetti sacri. Gli oggetti erano riposti in quattro scatole suddivise in base alla chiesa cui appartenevano (Matrice; S.Rocco; Spirito Santo; Porto Salvo) e portatele in sacrestia iniziammo ad aprirle per catalogarne i pezzi. Mentre ne scartavo una, mi venne tra le mani una teca un po’ malridotta, con all’interno un pezzo di osso capovolto: capii subito cosa avessi tra le mani, ed una grande emozione mi pervase! Il giorno dopo ci recammo con Giuseppe in Curia arcivescovile dove ci rassicurarono sull’autenticità della reliquia, quindi ci adoperammo affinché la teca venisse restaurata, e tutto ciò avvenne grazie all’aiuto economico della Signora Ninuccia Pippia, sempre attenta e sensibile riguardo il nostro patrimonio parrocchiale. Dopo questa bellissima esperienza, ho capito che il Signore sa quando una persona desidera una cosa con cuore sincero e non per il bene personale, ma dell’intera comunità, e di conseguenza con amore paterno provvede ad esaudire i propositi che, come in questo caso, appaiono irrealizzabili!
Rocco Panuccio
Rocco Panuccio
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